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Aspetti dell’espansione economica cinese in Europa

September 12, 2021

Economia, Politica

(Parte 1) – di Paolo Balmas –

L’inasprimento delle relazioni fra Usa e Cina ha portato molti osservatori a teorizzare una nuova guerra fredda, che in alcuni ambienti ha già assunto il nome di Seconda Guerra Fredda. Sia ben chiaro, non ha nulla a che fare con la precedente. Non esistono due blocchi, ma economie e sistemi profondamente connessi, talmente intrecciati che sarebbe difficile solo immaginare come separarli. Ciò lascia pensare che la nuova guerra fredda si svolgerà solo su determinati fronti, mentre altre situazioni saranno lasciate (più o meno) così come sono. In questa prospettiva, gli interessi americani in Cina aumentano. L’ulteriore apertura dei mercati finanziari interni cinesi negli ultimi due anni, ha attratto investimenti e imprese (in particolare del settore dei servizi finanziari). La guerra sarà combattuta ancora una volta su vari fronti, soprattutto in paesi terzi, ma questa volta per ragioni totalmente diverse rispetto a quelle che hanno caratterizzato la prima guerra fredda.

Se prima, contro l’Unione Sovietica, si cercava di annientare un nemico (con cui si avevano rapporti economici estremamente limitati) e piegarlo ai principi della democrazia capitalista occidentale, oggi lo scontro avviene su un piano differente. L’obiettivo sembra più quello di mantenere un vantaggio senza creare una rottura tale da riprodurre uno scenario come il primo. In fondo, la Cina pur lasciando a desiderare in quanto processi politici all’insegna della democrazia (come noi la intendiamo almeno sulla carta), ha assorbito il modello capitalista fondato sul sistema bancario. Il fatto che la Cina a differenza dell’Unione Sovietica, ha abbandonato il sistema della sola banca centrale del popolo, rende le regole dello scontro diverse. Ancor di più se consideriamo che le banche cinesi sono ormai parte integrante del sistema economico globale.

In un vecchio testo sulla guerra economica che risale al secondo dopoguerra, Yuanli Wu spiega come il controllo delle rotte commerciali sia necessario per mantenere il proprio potere, ma ciò non basta. Oltre al controllo è necessario prevenire la creazione di rotte alternative, specialmente per una potenza marittima come gli Stati Uniti. In tal senso, se consideriamo la Cintura economica progettata dalla Cina come un sistema di rotte alternative (si pensi in particolare alle vie di terra), se ne comprende la dimensione geopolitica. Tuttavia, la dinamica non è così semplice. Per il momento, le compagnie che beneficiano maggiormente delle nuove rotte sono tedesche e americane. Inoltre, i prodotti esportati dalla Cina sono in gran parte non-cinesi. Ma in una prospettiva di lungo termine questo disequilibrio potrebbe essere alterato in favore della Cina. In altre parole, si prospetta uno scontro geopolitico, per quanto sia diluito, nel tempo e nello spazio, e differente da quello della prima guerra fredda sotto molti altri aspetti.

Da questo punto di vista, diventa importante capire quali sono gli attori che stanno lavorando alla realizzazione delle rotte alternative. Si parla spesso delle grandi imprese di stato cinesi come le maggiori promotrici, ma molto poco delle banche che le sostengono. Anche su questo punto bisogna dire che la situazione non è netta. I capitali per molti progetti della Cintura economica sono misti, non solo cinesi. I grandi progetti infrastrutturali sono realizzati in cooperazione con gli stati che li ospitano. Inoltre, non mancano iniziative in Occidente che promuovono la partecipazione di investitori privati alla realizzazione della rete infrastrutturale per unire Europa, Asia e Africa. Ci sono poi investitori di tutto il mondo che partecipano indirettamente con l’acquisto di bonds. Ma se ci sono entità che passano ancora troppo inosservate in tutto questo dibattito sono le banche cinesi, sia di sviluppo che commerciali. Ciò che sorprende è che sono le entità più importanti di tutta la dinamica.

Le banche di sviluppo cinesi sono le più attive. Investono in tutto il mondo per sostenere i progetti della Cintura e hanno uffici di rappresentanza in molti paesi, anche in Europa. Sebbene la maggior parte delle operazioni che svolgono sono effettuate in dollari, almeno una di queste, cioè la Exim Bank of China, ha cominciato a operare in renminbi (la moneta cinese). Ancor più interessante, queste banche hanno creato fondi di investimento alternativi, registrati in centri finanziari europei, per investire in private equity e progetti infrastrutturali, con una speciale attenzione ai paesi dell’Europa centro orientale. Invece, le banche commerciali cinesi, almeno alcune delle più grandi (che oggi sono anche le più grandi del mondo), hanno realizzato le proprie reti a cavallo dell’Unione Europea. Il loro principale ruolo è quello di sostenere le imprese cinesi nelle operazioni di mergers and acquisitions. Tuttavia, anche queste hanno istituito fondi di investimento con l’obiettivo di sostenere progetti infrastrutturali nei paesi europei attraversati dalla Cintura economica.

Uno dei centri finanziari europei dove le banche cinesi hanno stabilito parte dei loro fondi è il Lussemburgo, noto per essere il maggior centro per fondi di investimento internazionali. In termini assoluti, con un mercato che supera ampiamente i 5 trilioni di euro, è secondo solo agli Stati Uniti. In ogni caso, il Lussemburgo è il primo centro mondiale per fondi di investimento che operano oltreconfine. I grandi investitori stabiliscono lì i loro fondi con la possibilità di operare in ogni angolo del mondo, mentre i fondi negli Usa sono principalmente orientati verso il proprio mercato interno. L’esperienza del Lussemburgo ha attratto le banche cinesi, che sfruttano l’industria dei fondi d’investimento per raggiungere le regioni interessate, comprese quelle della Cintura economica. Si tratta di un mercato ancora da sviluppare per la Cina.

Tuttavia, le banche cinesi hanno come principale obiettivo la creazione di una rete per sostenere le operazioni di acquisizione di imprese locali da parte delle imprese cinesi. Per il momento sono ancora poco attive in altre operazioni di investimento o di promozione del renminbi. Ma osservando la loro organizzazione territoriale in Europa, risulta chiaro che sono preparate per la creazione di nuovi mercati nei prossimi anni. Alla (seppur lenta) apertura dei mercati finanziari cinesi corrisponderà l’ampliamento delle attività finanziarie cinesi in Europa. Oggi – sembra un po’ contraddittorio – alcuni governi europei si stanno lamentando di vedere troppo poco impegno da parte delle istituzioni finanziarie cinesi, dopo che sono state accolte a braccia aperte. Sullo sfondo di una crescente divergenza fra Cina e Occidente in generale, alcuni ambienti in Europa chiedono un maggiore impegno cinese, più operazioni di investimento, più integrazione; specialmente in quei paesi, come il Lussemburgo e L’Ungheria, che hanno accolto e creduto in una potenziale integrazione delle economie europee con quella cinese.

Questo sentimento, accompagnato da una certa delusione, si fonde con la crescente attenzione posta sulle attività economiche cinesi in Europa da parte delle istituzioni dell’Unione. La proposta di un meccanismo di screening delle operazioni di acquisizione di imprese locali da parte della Commissione europea è l’esempio più importante. Ovvero, cresce l’idea di limitare gli investimenti strategici cinesi in Europa, ma in altri ambienti si vuole che le attività finanziarie cinesi in generale aumentino. Ciò fa parte della continua contraddizione che contraddistingue i primi passi di questa nuova ‘guerra fredda’. Per tale ragione, mentre la guerra di parole aumenterà, di pari passo a iniziative per contrastare l’espansione economica cinese in Europa, si assisterà a un aumento di attività finanziarie in alcuni campi e soprattutto all’espansione dell’uso mondiale del renminbi (senza che questo sia ancora capace di sfidare il dollaro, almeno per i decenni a venire).

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