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La geofinanza e i pericoli dello scontro fra Usa e Cina per l’Unione Europea

October 14, 2023

Economia

– di Paolo Balmas –

Mentre nei circoli politici, industriali e finanziari d’Europa crescono i timori per la veloce espansione economica e finanziaria cinese nel mondo, le grandi corporation occidentali continuano a investire in Cina. La contraddizione di fondo che caratterizza il nostro momento storico continua a confondere le analisi dei processi geoeconomici e geopolitici scaturiti dal cambio di rotta delle economie più avanzate (soprattutto degli Usa) nei confronti della globalizzazione. Le prediche sulla necessità di “decoupling” o “derisking” non sembrano scalfire la volontà dei grandi attori dell’economia mondiale. Non riguarda solo il settore manufatturiero, si pensi ad Apple, Tesla, Volkswagen, ecc., ma anche le grandi firme della finanza come JPMorgan, ad esempio. Queste, fra molte altre, non sembrano avere intenzione di abbandonare il mercato cinese, e non lo faranno. Lo avevano detto sin dalle prime ore della presidenza Trump, quando la politica dell’America First sembrava voler invertire drasticamente i processi di globalizzazione. Da allora molto è cambiato, ma i grandi dell’economia mondiale continueranno per la loro strada. Dopo anni (ormai) di “de-globalizzazione” si può asserire che forse le preoccupazioni riguardano più l’espansione cinese in Occidente che l’espansione dell’Occidente in Cina.

Le imprese e le banche cinesi, soprattutto quelle di proprietà statale, hanno conquistato le classifiche mondiali. Tuttavia, a ben vedere, le loro operazioni “globali” sono ancora molto limitate. La loro esposizione sui mercati mondiali non raggiunge di certo quella delle rivali americane ed europee. Eppure, sono più grandi. Ciò è stato possibile perché il mercato cinese è talmente grande, ed è stato in rapida espansione per quattro decenni (e lo è ancora seppur in modo più lento), che ha permesso a imprese e banche di crescere in modo smisurato. Solo recentemente le grandi imprese e banche cinesi hanno cominciato ad espandere le proprie attività all’estero, grazie al progetto della Cintura economica e alla progressiva integrazione dei mercati finanziari. Che si tratti di aumentare la connettività fisica per rendere più efficaci i sistemi di scambio commerciale attraverso nuove infrastrutture, o di integrazione dei meccanismi di investimento e pagamento, l’Unione Europea ha avuto un ruolo cruciale nel favorire l’espansione della Cina nel mondo e in particolare a cavallo del continente eurasiatico.

Se da un lato la Germania ha costituito la testa di ponte in Europa per la realizzazione del segmento più importante della Cintura economica, i centri finanziari di Londra e Lussemburgo hanno agevolato l’espansione delle banche cinesi, e delle attività di investimento in strumenti denominati in valuta cinese (renminbi). Rappresentano così gli snodi per le attività di cambio di valuta e pagamento internazionale, e i canali per effettuare gli investimenti diretti cinesi in Europa. Per questi centri finanziari le preoccupazioni aumentano in quanto ospitano una porzione importante e crescente dell’attività finanziaria cinese nel mondo e del mondo in Cina. Lussemburgo, ad esempio, è uno dei centri di custodia di bond statunitensi che la Cina utilizza per acquistare il debito Usa. Spesso questi meccanismi di acquisto passano inosservati perché le agenzie di stato cinesi acquistano il debito di agenzie governative degli Usa (agency bonds), e non precisamente i “treasuries” di cui si analizza costantemente la compravendita.

Questo è solo un esempio di come le attività statunitensi e cinesi si intrecciano e concentrano sul suolo dell’Unione Europea. Un altro esempio è l’industria dei fondi di investimento del Lussemburgo, che ammonta attualmente a ben oltre i cinquemila miliardi di euro. Circa il 20% di tale industria dipende da fondi statunitensi. Allo stesso tempo, i fondi internazionali con base in Lussemburgo rappresentano la più ampia finestra per gli investimenti occidentali in strumenti cinesi denominati in renminbi. Circa l’80% dei fondi europei e circa il 30% dei fondi a livello mondiale con esposizioni sul mercato interno cinese hanno base in Lussemburgo. I maggiori operatori in questo mercato sono le grandi banche di investimento europee e americane come JPMorgan, HSBC, BNP Paribas, UBS, eccetera. Al di là dei movimenti di capitale dal mercato obbligazionario ad altri mercati negli ultimi mesi (quello cinese per gli investitori stranieri è soprattutto obbligazionario), gli interessi della finanza nei mercati emergenti cinesi sono stabili e non sembrano subire le pressioni politiche del “derisking”. Tuttavia, è proprio la doppia concentrazione di attività finanziarie statunitensi e cinesi sul territorio europeo che potrebbe avere ripercussioni sulla stabilità dei centri finanziari e quindi sulla finanza europea. Gli sforzi compiuti dal precedente governo britannico guidato da Cameron, con Osborne allo Scacchiere (ministro delle finanze), per incrementare l’integrazione di Gran Bretagna e Unione Europea con la Cina, sono stati frenati dalla Brexit e dal successivo governo guidato da Boris Johnson. In modo simile e più recentemente, le iniziative per aumentare e migliorare l’integrazione finanziaria fra Cina e Unione Europea promosse dal Lussemburgo sono uscite fuori di scena (seppur non del tutto bloccate). Il maggior promotore di tale integrazione, l’ex ministro delle finanze Pierre Gramegna, si è dimesso per assumere la direzione del Meccanismo di Stabilità dell’UE. In altre parole, i cambiamenti voluti dagli Usa sulla direzione che aveva preso la globalizzazione hanno avuto ripercussioni sugli scenari politici d’Europa, dove alcuni governi tentavano di gestire la cooperazione con la Cina su vari piani. Per il momento, gli interessi della finanza sembrano resistere, ma la potenziale necessità di limitare i flussi di investimento fra Europa e Cina potrebbe avere ripercussioni anche sul fronte economico, specialmente per quei centri finanziari come il Lussemburgo che hanno a lungo investito per creare e migliorare i rapporti fra Europa e Cina.

– Newsletter Transatlantico N. 28-2023

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