China Construction Bank

Il debito cinese alle stelle

December 15, 2022

Economia, Notizie

– di Paolo Balmas –

Il debito pubblico cinese ha raggiunto il 295% del Pil e il credito elargito in Cina ha raggiunto i 51,87 trilioni di dollari. Il debito è principalmente guidato dall’indebitamento del governo, mentre il debito delle imprese e delle famiglie è in calo. Questi dati sono in linea con il ‘purchasing managers’ index (Pmi) che indica la crescita del settore manifatturiero. Un valore superiore a 50 indica crescita, al di sotto indica un calo. Nel mese di novembre 2022 è stato registrato a 46,7 punti. Allo stesso tempo è in calo l’indebitamento delle famiglie che principalmente riguarda i mutui per le abitazioni. Il settore delle costruzioni è stato uno dei pilastri portanti della crescita economica cinese negli ultimi decenni. La spinta sta rallentando, se non arrestando, e l’economia ne risente.

È stato spesso ripetuto che la Cina, grazie alla sua organizzazione politica e istituzionale, possiede dei rimedi efficaci per affrontare le potenziali crisi dovute ai cambiamenti strutturali socio-economici. Tuttavia, alcuni analisti, inclusa l’agenzia americana Moody’s, sostengono che i meccanismi di protezione finanziaria in Cina si stanno indebolendo. Ciò sarebbe soprattutto dovuto alle trasformazioni macroeconomiche generali e internazionali, non solo ai cambiamenti e alle “crisi” interne. La conseguenza di tali trasformazioni si traduce in una più attenta posizione del governo che non si sta mostrando favorevole a interventi ampi per sostenere imprese sia pubbliche che private.

A quanto sembra, le difficoltà maggiori le stanno vivendo le piccole banche locali i cui affari dipendono dai mutui alle famiglie e dai prestiti alle piccole e medie imprese. Queste banche hanno sostenuto l’economia cinese negli ultimi quaranta anni, visto che piccole e medie imprese impiegano oltre il 70% della forza lavoro cinese (come del resto avviene nella maggior parte delle economie avanzate occidentali). La potenziale crisi di tali banche potrebbe costituire l’inizio di una crisi economica più vasta in Cina, che inizialmente si manifesterebbe a livello locale e sparso in regioni diverse del paese.

La Cina sta vivendo un momento particolarmente delicato. Le proteste di questi giorni sono il risultato di vari fattori, non solo delle politiche dello “zero Covid”, ma anche dei cambiamenti politici ed economici che la Cina sta affrontando. Il governo ha scelto di allentare la presa sulle restrizioni anti-Covid e di rivedere le restrizioni ai prestiti oltreconfine, per permettere alle grandi imprese del settore edilizio di ripagare i bond denominati in dollari. In questo settore corrono voci, sui media e online, che diffondono inquietudine sugli osservatori, ad esempio sul presunto suicidio del fondatore di Evergrande (la grande impresa di sviluppo edilizio nell’occhio del ciclone della crisi delle costruzioni).

Le previsioni sullo scenario politico interno suggeriscono che le proteste potrebbero andare avanti fino a marzo 2023, quando il nuovo mandato di Xi Jinping, il terzo, sarà ufficialmente inaugurato. Nel frattempo, le condizioni economiche potrebbero peggiorare e influire sugli equilibri locali, che a loro volta avrebbero ripercussioni sulle performance economiche cinesi nei mesi a venire. In tutto ciò, le previsioni di crescita oscillano fra il 4 e il 6%, un numero esiguo per l’esperienza cinese, ma pur sempre una crescita in termini macroeconomici. Il cambiamento sulle politiche anti-Covid sembrerebbe essere il maggior driver della ripresa. I blocchi forzati e le recenti proteste (ad esempio quelle presso l’impianto industriale della Foxconn) hanno fatto registrare perdite tanto alla Cina quanto ai suoi partner industriali e commerciali (inclusa Apple). In ogni caso, per comprendere l’evoluzione delle condizioni economiche cinesi bisogna guardare ancora una volta a cosa accade nel piccolo, nelle località, nelle coalizioni fra partito e imprese locali, alle attività bancarie legate alle piccole e medie imprese. A queste dinamiche bisogna incrociare le pressioni geopolitiche che la Cina esercita e subisce. Gli indicatori macroeconomici continuano a non spiegare l’intero quadro delle trasformazioni economiche, specialmente in Cina, ma non solo.

– Newsletter Transatlantico N.38 -2022

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