Us Congress

Zelensky a Washington: i fattori in gioco

December 26, 2022

Strategia

– di Andrew Spannaus –

La visita del presidente ucraino Volodomyr Zelensky a Washington per incontrare Joe Biden e parlare al Congresso americano ha mandato al mondo un messaggio di vicinanza tra i due paesi e di sostegno da parte delle istituzioni di Washington per gli sforzi di Kiev di respingere l’invasione russa. Ma sarebbe un errore fermarsi all’immagine e alle parole offerte dagli incontri pubblici: occorre capire gli obiettivi di questo viaggio – da entrambe le parti – e le implicazioni per i prossimi mesi.

L’invito a Zelensky era stato esteso da tempo, ma inizialmente il presidente ucraino era restio a lasciare il proprio paese. Allora perché andare adesso? Perché si tratta di un momento delicato a Washington, per due motivi: il primo è il prossimo avvicendamento del controllo della Camera dei Rappresentanti, che passerà in mano repubblicana agli inizi di gennaio. Come ampiamente riportato nei media, il capogruppo Kevin McCarthy ha già detto che non si potranno più dare “assegni in bianco” all’Ucraina, e cresce il numero di deputati repubblicani che si oppongono agli aiuti costanti a Kiev. Il secondo motivo è che nelle istituzioni americane aumenta il nervosismo in merito ad un graduale escalation del conflitto, in cui gli Usa diventerebbero sempre più coinvolti, così aprendo al rischio di un conflitto più diretto Nato-Russia. Questo nervosismo porta ad inviti da più parti agli ucraini di considerare un accordo negoziato, espressi tra l’altro dal Capo di Stato Maggiore Mark Milley nelle ultime settimane.

In risposta a questa tendenza, Zelensky era intento a utilizzare la visita per ribadire le posizioni ucraine e quindi ottenere un sostegno meno ambiguo con anche l’invio di armi più potenti di quelle fornite finora. Da parte della Casa Bianca, c’era piena disponibilità a mandare un messaggio forte di sostegno e a riconoscere il ruolo di Zelensky, ma naturalmente i padroni di casa hanno fatto sentire anche il loro punto di vista, sottolineando la cautela che prevale a Washington e quindi i limiti a quanto gli americani sono disposti a fare – anche se quei limiti si modificano nel tempo (come si vede con il coinvolgimento crescente del personale americano direttamente sul terreno).

Come spesso succede in questi casi è utile guardare i grandi giornali per capire il messaggio che vogliono mandare le istituzioni. E infatti sul Washington Post, sempre basandosi su “funzionari anonimi”, sono apparsi vari articoli sulle differenze tra gli obiettivi dei due paesi. Tra quelli più interessanti c’è un commento di David Ignatius, personaggio con rapporti stretti all’interno del mondo politico e militare.

Ignatius fa notare che Zelensky e Biden hanno definizioni ben diverse del concetto di “vittoria”. Il primo parla dell’espulsione dei russi da tutti i territori in cui sono entrati dal 2014; per gli americani si tratta di uno scenario poco realistico, e invece considerano ipotesi in cui la Russia tiene la sola Crimea o anche alcune parti del Donbass. Biden stesso non ha mai utilizzato la parola “vittoria”, e quando gli è stato chiesto se darà nuove armi più potenti ha risposto in linea con il suo approccio finora: “Farlo apririrebbe alla possibilità di una rottura della Nato”, affermando che gli alleati Nato “non cercano la guerra con la Russia. Non cercano una terza guerra mondiale”.

In altri articoli sulla stampa americana si sottolinea che Zelensky non sembra aver raggiunto l’obiettivo di ottenere nuovi tipi di armi: la consegna dei missili Patriot era già stata annunciata, ma non c’è disponibilità a mandare i carri armati o i missili a più lungo raggio che vorrebbe Kiev. Washington preferisce muoversi lentamente, per valutare la risposta russa man mano, ed evitare sorprese che potrebbero portare ad incidenti pericolosi. 

C’è anche un terzo fattore che influisce i tempi di questa visita, e la dialettica tra le parti in merito alle forniture di armi: la possibilità di una nuova offensiva russa nei prossimi mesi. Infatti mentre nei media si celebra costantemente i successi ucraini sul campo e si sottolineano le difficoltà russe, fino a pochi giorni fa i commentatori occidentali hanno di fatto ignorato i chiari segnalii che i russi potrebbero lanciare nuove azioni d’attacco tra breve, grazie all’aumento delle possibilità di muoversi con il terreno ghiacciato, invece che fangoso, e all’addestramento e arrivo al fronte di nuove truppe dopo la mobilitazione degli ultimi mesi.

Rimangono i punti interrogativi in merito alle munizioni russe, con gli analisti occidentali che insistono da tempo che Mosca sta finendo tutte le scorte. Ma i missili continuano ad arrivare, e gli ultimi rilievi indicano che la Russia riesce a produrre ancora degli armamenti nuovi in questo periodo, oltre a procurarne alcuni dai suoi alleati. Le difficoltà ci sono, ma a Mosca lavorano alacremente per riprendere l’iniziativa. E’ per questo che Zelensky chiede le risorse per poter rispondere, mentre il Pentagono comincia a cercare una via d’uscita dalla guerra. Le incertezze di questo momento portano tutte le parti in causa a prepararsi per la prossima fase del conflitto.

– Newsletter Transatlantico N. 39-2022

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