Robert Kagan

Il vademecum dei neocon

June 15, 2016

Strategia

(free) – analisi di Andrew Spannaus –

Gli ultimi tre anni non sono stati i migliori per i neoconservatori. I fautori di una politica estera molto aggressiva – i neocon a destra e gli “interventisti progressisti” a sinistra – hanno perso influenza nell’Amministrazione Obama, che si è gradualmente allontanata dai capisaldi della politica attuata dal 2001 in avanti. Il mancato intervento in Siria, l’accordo con l’Iran, e la collaborazione pur difficile con la Russia rappresentano punti dolenti per chi vede nella proiezione del potere militare la soluzione a tutti i problemi internazionali.
In più la campagna elettorale di quest’anno ha fatto esplodere una scomoda verità: gran parte della popolazione americana, compreso l’elettorato repubblicano, non concorda con la visione di questa fazione interventista trasversale. Anzi, ha sostenuto fortemente i candidati outsider che criticano la recente serie di guerre in Medio Oriente e la volontà di farne delle nuove.

Visto l’imminente cambio di inquilino alla Casa Bianca, i neocon e gli interventisti di sinistra hanno preparato un programma ben preciso per garantire la proiezione del potere americano nel modo che preferiscono. E’ tutto spiegato in un rapporto del Center for a New American Security, think-tank fondato nel 2007 da Kurt Campbell e Michelle Flournoy, personaggi che avrebbero ricoperto posizioni influenti nell’Amministrazione Obama. Il CNAS è diventato subito influente, guadagnando encomi per il suo lavoro nel campo della sicurezza nazionale.
L’ultimo rapporto del think-tank si intitola “Estendere il potere americano” (Extending American Power) stilato sotto la direzione di Robert Kagan e James Rubin. Il primo è un noto falco che fondò insieme a William Kristol il Project for a New American Century nel 1997, istituto che raggruppò personaggi come Dick Cheney, Donald Rumsfeld e Paul Wolfowitz. Il secondo lavorò al Dipartimento di Stato nell’Amministrazione Clinton, diventando il braccio destro di Madeleine Albright.

Il CNAS ha tenuto una serie di discussioni nell’ultimo anno per studiare il tema proposto da Kagan e Rubin, preoccupati dalla faziosità della politica americana e convinti della necessità di ricreare il consenso sul ruolo americano nel mondo.
Quale ruolo? Chiaramente non quello che ha espresso da ultimo il Presidente Obama, e certamente non quello proposto da personaggi come Bernie Sanders e Donald Trump.
Il punto centrale del rapporto è l’estensione del potere militare americano. Oggi l’ordine mondiale viene scosso da varie forze, compresi i “governi autoritari potenti e ambiziosi come la Russia e la Cina”, per non parlare del terrorismo islamico e dei cambiamenti nell’economia globale.
Per gli autori, che si vantano del sostegno dato alle loro conclusioni da un ampio spettro di personaggi dell’establishment Usa:

“La più grande sfida alla preservazione di questo ordine oggi potrebbe essere qui negli Stati Uniti. Il consenso bipartitico che da molto tempo sostiene l’impegno americano con il mondo è sotto attacco da parte di detrattori in entrambi i partiti. […]
La strada giusta è di estendere il potere americano e la leadership Usa in Asia, in Europa e nel Medio Oriente allargato, le regioni dove le minacce all’ordine internazionale sono maggiori…
Per avere un’idea di come gli interventisti vedono l’impegno americano, forniamo alcuni esempi dei punti che toccano nel rapporto e come propongono di affrontarli”.

La spesa per la difesa

Innanzitutto occorre aumentare la spesa negli Stati Uniti per la sicurezza e la difesa. Su questo punto gli autori sono decisamente contro l’austerità, che ha rappresentato una “camicia di forza” negli ultimi anni. Gli Stati Uniti hanno bisogno di una forza che potrà impegnarsi e vincere varie missioni allo stesso tempo. In questo contesto si nota che Washington ha a disposizione un “potere militare, economico e diplomatico sostanziale… ma è stato riluttante ad utilizzarlo negli ultimi anni”.

L’economia globale

Il rapporto del CNAS esprime preoccupazione sulle richieste crescenti di allontanarsi dalla “Washington Consensus”, le ricette economiche neoliberiste propugnate da istituzioni come il Fondo Monetario Istituzionale.
La Russia sarebbe interessata a ridurre l’influenza statunitense sul sistema finanziario globale, mentre la Cina costruisce istituzioni alternative come la Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB) e persegue l’internazionalizzazione della propria moneta.
La risposta del CNAS è di accelerare la negoziazione e l’attuazione dei nuovi grandi accordi commerciali, il TPP e il TIPP.  Significa stringere i rapporti tra le nazioni liberali e ribadire l’impegno nell’Asia, “la sfida principale per la politica estera degli Usa”.
Il TPP è legato strettamente alla necessità di contrastare la crescita di influenza della Cina. Per gli autori del rapporto si potrà evitare il conflitto solo se “Washington rafforzerà il suo deterrente militare e allargherà la crescente schiera di alleanze regionali e partenariati di sicurezza”. Riproponendo la soluzione unica dei neocon e degli interventisti, si conclude la discussione sull’Asia dicendo che “gli Stati Uniti devono aumentare le proprie capacità ed estendere la propria posizione militare”.

L’Europa

I rapporti transatlantici sono considerati essenziali, ma la visione dell’Europa proposta potrebbe sembrare riduttiva. Gli autori si preoccupano per la riluttanza della Germania di impegnarsi in operazioni militari recenti, e credono che la leadership strategica dentro l’Unione europea vada ripristinata attraverso la “troika della Gran Bretagna, della Germania e della Francia, con l’aggiunta della Polonia”.
Naturalmente l’obiettivo principale è contrastare la Russia, e dunque occorre equipaggiare e addestrare le forze armate ucraine, oltre a garantire un aumento delle forze Usa nell’Europa centrale e orientale. Questo deve comprendere dispiegamenti permanenti, materiale posizionato in loco, e un programma potenziato di esercitazioni nell’area.
Sono essenziali anche l’approvazione del TTIP, che dovrebbe aiutare a ridurre la dipendenza energetica europea dalla Russia, e la permanenza della Gran Bretagna nell’Unione, per tenere salda la comunità transatlantica.

Il Medio Oriente

Infine c’è l’area che più che altro ha visto gli effetti della politica neocon negli ultimi decenni. Il rapporto del CNAS chiede un aumento dell’impegno militare contro l’ISIS, con ulteriori forze aeree e truppe speciali.
Per quanto riguarda la Siria si ribadisce la contrarietà ad un accordo politico che includa Assad in qualsiasi forma, e spunta la testa di ponte per quelli che caldeggiano l’intervento militare: la zona di interdizione aerea (no-fly zone) per permettere all’opposizione “moderata” e alle milizie di armarsi e organizzarsi. Il tutto da accompagnare con “la formazione di un’alternativa sunnita all’ISIS e al regime di Assad”.
Il ruolo dell’Iran rappresenta un punto dolente, dove le differenze con l’Amministrazione attuale sono lampanti. Gli autori dello studio ammoniscono contro ogni idea di un “nuovo equilibrio” o un cambiamento dei rapporti con l’Iran. L’obiettivo deve essere di sconfiggere i tentativi iraniani di dominare il Medio Oriente allargato e dunque “L’accordo nucleare non va legato all’attesa di una qualche distensione o apertura più ampia verso gli Stati Uniti”.

Il rapporto del Center for a New American Security affronta i punti più importanti della politica estera americana in questo periodo. Enuncia dei principi generali che possono mettere d’accordo quasi tutti i rappresentanti delle istituzioni americani: l’importanza degli Stati Uniti per la stabilità mondiale, per la difesa della libertà e per la promozione di un’economia libera.
Il vero scopo però è piuttosto evidente. Finita l’era Obama, in cui i neoconservatori e gli interventisti di sinistra hanno dovuto piegarsi almeno in parte alla volontà di perseguire più la diplomazia che gli scontri, si spera di dettare i termini alla nuova Amministrazione. L’espressione del malcontento popolare che ha dominato la campagna elettorale è vista con preoccupazione, e dunque si punta a porre delle basi solide per il prossimo futuro, in cui la politica interventista potrà tornare a fiorire in modo bipartisan, preferibilmente sotto la presidenza di Hillary Clinton.

– Newsletter Transatlantico N. 42-2016

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