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La Russia aiuta gli Usa sulla Siria

March 20, 2016

Politica, Strategia

(free)di Andrew Spannaus –

L’annuncio del ritiro parziale delle forze russe dalla Siria ha cambiato ancora una volta la percezione della crisi in Medio Oriente, offrendo l’occasione per capire meglio le ragioni dietro le mosse di Putin dall’inizio dell’intervento russo nel settembre dell’anno scorso.

Negli ultimi mesi era prevalsa in Occidente l’idea che l’obiettivo principale di Putin fosse di sostenere Assad contro le forze di opposizione sostenute dalle nazioni occidentali. In quest’ottica si accusava la Russia di non essere interessata a combattere le forze estremiste, ma semplicemente di seguire il proprio interesse in senso stretto.

A voler andare sotto la superficie occorre chiedere quale sia il vero interesse della Russia in questa situazione. Come scriviamo da molti mesi l’intervento russo in Siria non è stato affatto un fattore di scontro tra le grandi potenze, ma il contrario (salvo il tentativo della Turchia di provocare uno scontro ben più grave).

Dall’inizio la Casa Bianca di Obama non si è opposta alla mossa di Putin – c’è il sospetto che addirittura l’abbia incoraggiata – capendone invece l’importanza per aiutare a contrastare le forti pressioni ad un coinvolgimento militare diretto delle nazioni occidentali nell’area. Il Presidente americano ha deciso da tempo che occorre evitare l’escalation in Siria, mandando su tutte le furie la fazione dei neoconservatori a destra e gli interventisti “liberal” di sinistra, ben rappresentanti dentro la sua Amministrazione.

Da quando nel settembre 2013 si fermò all’ultimo momento prima di bombardare la Siria, scegliendo invece l’offerta di Putin di raggiungere un accordo sulla rimozione delle armi chimiche, Obama si è allontanato dalla politica del cambiamento di regime – seppur in modo graduale e solo parziale – cercando elementi di stabilità anche a costo di scontentare alleati come l’Arabia Saudita e Israele.

In questo contesto gli Stati Uniti e la Russia hanno collaborato in Siria, prima dietro le quinte e progressivamente in modo più aperto, per fermare il pericolo di un vuoto di potere nel paese che potesse favorire l’avanzata delle forze estremiste. Gli interessi delle due superpotenze divergono su molti punti, ma è diventato presto evidente la volontà condivisa di imporre una soluzione politica tra le parti in conflitto, processo in atto in queste settimane con i negoziati di Ginevra.

Con l’avanzare di questa prospettiva Mosca ha ottenuto uno dei suoi obiettivi principali, quello di risuscitare il processo diplomatico con Washington, che potrà avere effetti importanti non solo in Medio Oriente, ma soprattutto in merito all’Ucraina nei prossimi mesi. Putin si prepara per il cambio alla Casa Bianca, ma nel frattempo sa che va sfruttata la svolta diplomatica dell’Amministrazione Obama, considerando le incertezze sul futuro.

Dunque mentre il disastro siriano è ancora lontano dall’essere risolto, riprende la possibilità di una collaborazione fruttuosa tra gli Stati Uniti e la Russia. Ci sono molti punti di attrito, ma è importante andare oltre le dichiarazioni ufficiali e capire le opportunità che potrà offrire la nuova situazione.

Concordiamo con l’analisi di George Friedman, fondatore della società di intelligence privata americana Stratfor, che vede nell’intervento russo in Siria un aiuto dato agli Stati Uniti per districarsi dalla posizione troppo vicina ai gruppi anti-Assad; occorreva evitare di facilitare il compito degli jihadisti attraverso l’alleanza con le forze di opposizione. “L’intervento russo ha risolto il problema per gli Stati Uniti… L’ISIS è stato bloccato e una situazione che sfuggiva al controllo è stata contenuta” ha scritto Friedman pochi giorni fa.

L’accordo dietro le quinte è il tipo di cosa di cui si legge “50 anni dopo quando i documenti vengono declassificati”, secondo Friedman. Aggiungiamo che agli occhi attenti il cambiamento della situazione è comunque chiaro, e ora si tratta di cogliere l’occasione per affrontare altri problemi tra le grandi potenze, in un’ottica di collaborazione piuttosto che di scontro.

– Newsletter Transatlantico N. 21-2016

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