Special Address: Mario Draghi

Super Mario non perde il vizio

August 20, 2020

Economia, Notizie, Politica

(free) –

Il discorso di Mario Draghi del 18 agosto al Meeting di Rimini ha riacceso le speculazioni sul futuro ruolo politico in Italia dell’ex capo della Bce, tra chi lo vuole a Palazzo Chigi appena possibile, e chi lo vede meglio al Quirinale tra due anni. Draghi viene considerato una voce autorevole nel contesto europeo, che potrà perorare la causa italiana ed europeista di fronte ai cattivi nordici che non si schiodano dalla linea del rigore. Ma la storia del personaggio, e anche le stesse parole del discorso appena pronunciato, danno molti motivi per dubitare che Mario Draghi sia il leader giusto per questi tempi; anzi, dovrebbero rappresentare un forte ammonimento contro l’idea di affidarsi a chi è stato al centro delle politiche che hanno massacrato l’economia italiana pochi anni fa.

Quando alla fine dello scorso marzo Draghi scrisse sul Financial Times che serviva aumentare la spesa pubblica senza preoccuparsi del debito, abbiamo chiesto se fosse saggio affidarsi a chi in passato ha spinto fortemente le politiche di austerità, tanto da scrivere la famosa lettera del 2011 insieme a Jean-Claude Trichet con un elenco preciso di azioni da prendere subito, per decreto, con la giustificazione espressa di placare i mercati finanziari, non di garantire il benessere della gente.

Oggi, l’ex capo della Bce sembra presentarsi come la persona giusta per impostare l’approccio dei prossimi anni, parlando di temi importanti come gli investimenti nell’istruzione e nella ricerca, la necessità di spendere bene i soldi a disposizione, piuttosto che pensare troppo a breve termine.

Intanto, ci sono le doverose considerazioni sui “sussidi” che in buona parte non sono tali, e sull’inevitabile inasprimento della richiesta di riforme strutturali fatte non solo di raccomandazioni giuste come il miglioramento della giustizia civile e l’accelerazione della digitalizzazione, ma anche di interventi sulle tasse e sulle pensioni nel contesto di una generale riduzione della spesa pubblica. Ma il problema diventa ancora più evidente quando sentiamo le parole di Draghi a Rimini: “il debito creato con la pandemia è senza precedenti e dovrà essere ripagato principalmente da coloro che sono oggi i giovani”.

Con questa affermazione Draghi dimostra di essere ancora ancorato alla mentalità monetarista dei trattati europei: sì alla flessibilità nel breve termine per affrontare la crisi, ma poi si tornerà alle regole di bilancio, i giovani non potranno scappare dall’obbligo di ripagare il debito contratto oggi. L’ex capo della Bce, come buona parte degli altri leader europei, finge di non vedere, e non capire 1. la storia del debito pubblico; e 2. il cambiamento di fase che stiamo vivendo con la crisi del coronavirus. Come dimostro nel mio nuovo libro (L’America post-globale. Trump, il coronavirus e il futuro; in libreria dal prossimo 17 settembre) in realtà il debito pubblico non si ripaga; rimane lì in perpetuo, diminuendo come percentuale del Pil nei periodi di crescita economica, ma quasi mai in termini assoluti. E in un sistema sano questo non rappresenta affatto un problema, perché la banca centrale non solo interviene per tenere bassi i tassi, ma rimborsa agli stati gli interessi pagati sui titoli da essa detenuti.

Negli ultimi mesi, dagli Stati Uniti al Regno Unito al Giappone le grandi economie mondiali hanno aumentato rapidamente il proprio debito pubblico affidandosi al meccanismo della monetizzazione, cioè all’acquisto dei titoli di stato dalle banche centrali, che sterilizzano il debito creando moneta dal nulla, che non occorre affatto ripagare con lacrime e sangue. E’ senz’altro vero che l’aumento della spesa pubblica in questo modo richiede un piano per usare le risorse per fini produttivi, investendo nel capitale umano e nelle infrastrutture come dice lo stesso Draghi; altrimenti si rischia di provocare squilibri nell’economia a causa dello scollamento tra la massa monetaria e la ricchezza reale (la specialità dei banchieri centrali negli ultimi anni, con l’ampio sostegno dato alla speculazione finanziaria). Tuttavia, aumentare il debito oggi per poi farlo ripagare ai nostri figli con austerità del tutto inutile, funzionale al controllo politico ma non al miglioramento delle condizioni di vita, non sarebbe certamente “senza preoccupazioni”.

– Newsletter Transatlantico N. 25-2020

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One Response to “Super Mario non perde il vizio”

  1. Giulio Bonizzato Says:

    Molto giusto dott. Spannaus.

    La stessa linea di Alberto Bagnai e Claudio Borghi.

    Il problema è che le masse ignoranti facilmente si controllano.

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