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Trump e il nesso tra infrastrutture e politica estera

November 14, 2016

Economia, Strategia

– analisi di Paolo Balmas –

Durante il “victory speech”, dopo una lunga serie di ringraziamenti, Donald Trump ha ribadito prima di tutto la propria intenzione di ricostruire l’America.

La politica interna di Trump, infatti, è rivolta al rilancio dell’economia reale degli Stati Uniti, ovvero a rimettere in moto un sistema che si è occupato troppo di finanza, attraverso due direttrici principali. La prima consiste nel riportare gli impianti di produzione sul suolo degli Stati Uniti; la seconda, invece, nel ristrutturare le infrastrutture esistenti e nel costruirne delle nuove.

Nonostante gli slogan di Trump abbiano avuto l’effetto che desiderava sull’elettorato, spaccato a metà, con una parte che ha interpretato le posizioni di Hillary Clinton come la prosecuzione degli errori del passato, si comprende che riaprire le fabbriche è un’impresa che richiede molto tempo, sempre che sia possibile. Al contrario, puntare alla ricostruzione, ovvero alle infrastrutture, sembra la manovra più immediata e concreta per rincorrere parte delle promesse fatte durante la campagna elettorale.

Il momento storico è propizio. Il basso costo delle materie prime e dei carburanti permetterà alla nuova amministrazione di risparmiare sui costi di realizzazione.

Inoltre, la ricostruzione garantisce la creazione di posti di lavoro a bassa specializzazione. Una parte di popolazione che ha sofferto per la chiusura delle fabbriche potrà trarne profitto. Non procedere verso un programma intensivo di ammodernamento delle infrastrutture, secondo l’American Society of Civil Engineers (Asce), rischia di far perdere l’opportunità agli Stati Uniti di creare 2,5 milioni di posti di lavoro nei prossimi dieci anni; inoltre, gli Usa rischiano di ritrovarsi, man mano che passa il tempo, di fronte a strutture sempre più deteriorate, con aspetti preoccupanti soprattutto nel sistema dei trasporti e nella gestione dell’acqua.

L’Asce ha calcolato che, per il periodo 2016-2025, sono necessari 3,32 trilioni di dollari da investire nelle infrastrutture. Ma l’investimento reale stimato è inferiore ai 2 trilioni. Il gap di circa 1,44 trilioni dovrà essere colmato da maggiori stanziamenti pubblici e da capitale privato aggiuntivo. Per il momento, esiste un piano approvato dal Congresso nel dicembre 2015, con il Fixing America’s Surface Transportation (Fast) Act, che garantisce l’ammodernamento del sistema autostradale nazionale con uno stanziamento di 305 miliardi da spendere nel periodo 2016-2020.

Lo spazio di manovra per Trump è davvero ampio e, in generale, tutti comprendono che è necessario intervenire se non si vorranno affrontare situazioni peggiori in futuro. Il nuovo presidente dovrà affrontare due questioni principali: trovare i capitali necessari e l’iter legislativo del Congresso.

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