Come fermare l’attacco all’Italia

August 13, 2011

Economia, Politica

Dopo Grecia, Irlanda, Spagna e Portogallo, ora l’attacco speculativo all’Italia è entrato nel vivo. Il sistema dell’Euro sta franando, e gli hedge fund che guidano la speculazione internazionale se ne approfittano per lanciare un affondo contro il Paese. Chiaramente non esistono cambiamenti oggettivi che nello spazio di pochi giorni hanno portato a questa “crisi”, si tratta semplicemente di una decisione presa da certi centri speculativi di passare alla prossima fase di un processo annunciato da molto tempo. L’Italia ha un debito pubblico alto e sempre di più in mano alle banche straniere, creando una situazione in cui i rumors e i giudizi arbitrari delle agenzie di rating possono indicare la direzione per l’intero mercato.

Sarebbe un grave errore però fissarsi sulle preoccupazioni espresse dagli operatori sull’Italia, piuttosto che considerare la struttura stessa dell’attuale sistema finanziario. La Consob ha fatto un passo nella direzione giusta, decidendo di frenare le vendite allo scoperto dei titoli di stato. Il fatto che si specula al ribasso su titoli che non si intendono neanche tenere dimostra che non siamo davanti ad una crisi di fiducia, ma un attacco vero e proprio. Il mercato dei CDS (Credit Default Swap) e dei derivati in generale si basa non sul concetto dell’investimento, ma soltanto sul guadagno a breve termine. Se si convince il mercato che le cose andranno male in Italia, allora ci sarà da incassare un sacco di soldi dalle scommesse sapientemente fissate in anticipo – il metodo Soros del ’92, ripetuto più volte negli ultimi anni.

La risposta giusta sarebbe di cambiare le regole, bloccando le vendite allo scoperto in toto, e chiudendo anche il mercato dei CDS. Per quale motivo il futuro di un paese dovrebbe essere in mano a chi mira solo a fare profitti a breve termine? Che senso ha permettere che il valore dei titoli pubblici fluttui in continuazione, in base agli umori quotidiani della classe politica o di chi non sa niente del paese contro cui specula?

Certo, ci vorrà coraggio – che non sembra abbondare nei politici europei di questi tempi – ma il fallimento completo del salvataggio greco potrebbe aprire gli occhi a qualcuno: rassicurare i mercati con tagli massicci agli investimenti pubblici e alla spesa sociale non porta da nessuna parte. Certo, tagliare degli sprechi, per esempio nel mondo politico, può essere un segnale positivo, ma i soldi veri sono altrove: nella previdenza, nella sanità, nei servizi pubblici. E’ lì che puntano i grandi capitali, soprattutto in un Paese che ha resistito meglio al richiamo della bisca mondiale rispetto ad altri che sono finiti nella voragine dei salvataggi bancari.

L’Italia, come la Grecia, la Spagna e tutti gli altri, necessita di una politica di investimenti pubblici nelle infrastrutture e nelle tecnologie innovative, da abbinare ad un sistema creditizio che favorisca l’economia produttiva. Significa riorganizzare il sistema finanziario in base al criterio Glass-Steagall, separando le attività ordinarie da quelle speculative. Solo in questo modo le imprese private potranno sopravvivere all’attacco di un sistema che spinge tutto verso il basso. Solo in questo modo il Paese potrà combattere chi vuole approfittare della crisi per imporre una nuova fase di cannibalizzazione del patrimonio nazionale.

La consapevolezza del problema è in aumento; ora serve il coraggio di unirsi contro un sistema che ha già dimostrato il proprio fallimento. Davanti alle misure decise e concertate la speculazione si rivela sempre una tigre di carta: bloccare le manovre strumentali sui titoli di stato potrà essere il primo passo verso una svolta che garantirà un futuro produttivo per la nazione.

 

Andrew Spannaus

12 luglio 2011

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