Perché gli USA si fanno male da soli?

August 13, 2011

Economia, Politica, Strategia

Risposta ad un lettore sulle scelte economiche degli Stati Uniti

Un lettore ci ha scritto:

Non capisco proprio perchè gli Stati Uniti D’America – un paese a moneta Sovrana (per il quale la parola debito pubblico dovrebbe soltanto far sorridere, o sbaglio?), un paese che può spendere a deficit, un paese che SA COME si esce dalle crisi – debba parlare di abomini neoliberisti (in passato predicati solo per i paesi del terzo mondo) come “la riduzione del debito pubblico”, l’obbligo del “pareggio di bilancio” o peggio ancora il “rischio default”!
Davvero non capisco.
Vogliono imitare l’Europa? Incrementare il tetto del debito: perchè in un Paese a moneta sovrana il debito dovrebbe avere un tetto? Vogliono mettere a rischio fette della loro egemonia politico-econonomica-culturale che hanno nel mondo? Chi gioverebbe il default? Spero possiate aiutarmi e darmi lumi in merito.

Di seguito la risposta:

 

 

Caro Gianpaolo,

 

L’errore che spesso si fa nel guardare la politica degli stati occidentali di questi tempi è di pensare che la classe dirigente abbia un piano razionale per garantire il futuro. Per quanto riguarda l’Europa forse Lei ha già capito che non è così, ma di fronte all’autodistruzione degli Stati Uniti stenta a crederci. E’ in parte comprensibile, considerata la storia americana è la posizione che il paese occupa a livello internazionale. Tuttavia, la realtà non lascia scampo: ciò che l’èlite vuole fare attraverso le istituzioni americane non è diverso da ciò che si sta facendo in Europa: mantenere una struttura di potere finanziario cannibalizzando la stragrande maggioranza della popolazione.

Da questa parte dell’Atlantico la forma di questa follia è più chiara. L’Unione europea è stata creata in modo tale da rimuovere ogni elemento di sovranità nei settori più importanti, dall’economia alla politica estera. Con l’avvento del Trattato di Lisbona ormai i parlamenti nazionali non discutono di indirizzi politici, ma soltanto di dettagli dell’attuazione. Abbiamo avuto un esempio lampante in queste settimane: il Governo e il Parlamento italiani hanno discusso di quanto e dove tagliare, ma nessuno ha osato mettere in dubbio l’impianto stesso della “risposta” alla crisi. La realtà del crollo del sistema dell’euro e la necessità di una virata di 180 gradi è ancora essenzialmente tabù a livello istituzionale.

Negli Stati Uniti la situazione è migliore, ma non perché l’economia vada meglio; anzi, va peggio che da noi. La speranza è che il Paese che “sa come fare” come dice Lei, possa imprimere una svolta vera. Durante la discussione che ha portato al varo della (pessima) Legge Dodd-Frank di un anno fa ci fu un vero dibattito pubblico e istituzionale su quali misure prendere. E la battaglia per una riforma che separi le attività speculative da quelle ordinarie che è esplosa a livello pubblico continua oggi, con il disegno di legge alla Camera di Marcy Kaptur per ripristinare Glass-Steagall e una crescente pressione da parte della popolazione.

Infatti direi che è propria questa pressione ad aver portato l’èlite finanziario a seguire il “modello europeo” in questo momento. Lo scopo è di mettere a tacere le voci sane e costringere tutte le forze in campo a misurarsi sul terreno imposto dai bankers e i loro alleati. Così i repubblicani hanno imposto un ricatto, rifiutandosi di aumentare il tetto del debito, che in passato è sempre stato un voto puramente formale in quanto si tratta solo di pagare delle spese già decise dal Congresso. Davanti a questo ricatto, con la richiesta di tagli massicci alla spesa sociale e agli investimenti governativi, Obama si è mostrato più che pronto ad accogliere la richiesta dei “mercati” – come al solito. E’ notizia di questi giorni che il Segretario del Tesoro Geithner ha avuto contatti costanti con un dirigente della Standard & Poor’s che ha indicato la cifra di 4 trilioni di dollari come un livello di tagli “credibile”. Obama si è allineato subito, mettendo sul piatto anche dei cambiamenti al Social Security e al Medicare. L’esito pare che sarà una nuova supercommissione che imporrà dei tagli in modo automatico. Insomma, una crisi artificiale ha portato allo scopo voluto, la popolazione ci perde ancora, mentre il settore speculativo continua a dominare.

 

Per concludere, possiamo riassumere la situazione in questo modo: gran parte degli economisti istituzionali sono ormai ideologizzati al punto tale da ignorare completamente le lezioni del passato, anche quando si tratti dei miracoli compiuti dal proprio Paese (Hamilton, Lincoln, Roosevelt e altri). Quindi affidarci agli esperti significa continuare a suicidarci con le stesse politiche degli ultimi decenni. Ad un livello più alto, esiste un’oligarchia che è consapevole dei problemi a cui si va incontro, ma preferisce rischiare un collasso e le rivolte sociali piuttosto che perdere la propria egemonia.

(Qui si vede l’errore di gente come Chomsky, che attribuisce ogni sforzo tecnologico e produttivo ad un “sistema” che mira a mantenere la forza dell’establishment. La realtà è che l’establishment contrasta l’innovazione tecnologica vera, perché porta allo sviluppo della popolazione a scapito dei parasiti.)

Ovviamente però, la partita non è finita, perché per quanto l’oligarchia possa manipolare la situazione, non possono fermare gli eventi reali. Il crollo non si arresterà, e quindi il prossimo periodo rappresenta ancora un’occasione per cambiare direzione. Per fare ciò serve del coraggio, da parte delle istituzioni, ma soprattutto da parte della popolazione, che dovrà costringere le istituzioni a cambiare prima che sia troppo tardi.

Andrew Spannaus

31 luglio 2011

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