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La tempesta legale-elettorale in arrivo

July 28, 2023

Notizie, Politica

La giudice federale Aileen Cannon, responsabile del processo a Donald Trump per essersi rifiutato di riconsegnare documenti classificati al governo, ha fissato la data per l’inizio del procedimento in tribunale: il 12 maggio 2024. Questa data rappresenta una via di mezzo tra la richiesta del procuratore di avviare il processo già a dicembre e quella dei difensori dell’ex presidente, i quali avrebbero voluto rimandare tutto a dopo le prossime elezioni presidenziali, sperando chiaramente in una vittoria del loro assistito che cambierebbe le carte in tavola.

La data non è incisa nella pietra, poiché il caso è complicato dalla necessità di trattare documenti classificati, ma verosimilmente si svolgerà comunque entro l’estate dell’anno prossimo. Ciò solleva un potenziale problema enorme: Donald Trump potrebbe vincere le primarie repubblicane e poi trovarsi condannato per un reato federale poco dopo. A quel punto, l’argomentazione che una sconfitta di Trump contro il candidato democratico sia quasi certa – un’opinione che attualmente non viene accettata da circa la metà degli elettori repubblicani, almeno secondo i sondaggi – acquisterebbe più forza, e il partito sarebbe tentato di sostituire il candidato al momento della Convention di fine estate; una situazione che potrebbe scatenare una guerra tra i dirigenti e la base del partito.

Non è l’unico scenario possibile, ma con il passare delle settimane le probabilità che si avveri aumentano rapidamente, per due motivi: 1. la probabile condanna di Trump e 2. l’inabilità degli altri candidati repubblicani di mettere in difficoltà il favorito.

Per quanto riguarda il primo punto, la questione non è se Trump è colpevole o meno, ma se i suoi avvocati troveranno qualche elemento procedurale per salvarlo o se riusciranno ad avere almeno un giurato che non sarà disposto a condannare Trump in qualsiasi caso. Infatti, quasi nessuno contesta il fatto che l’ex presidente abbia commesso il reato contestatogli – nemmeno Trump stesso, che quando parla in pubblico peggiora solo la situazione: dimostra di non capire la legge o di non accettarla, affermando che poteva fare quello che voleva con i documenti, confermando così di aver ignorato le richieste di restituzione. Ora emergono anche prove che abbia mentito agli inquirenti e dato ordini di eliminare le riprese video che lo dimostrano.

Tra l’altro, sono in arrivo altri due atti d’incriminazione per l’inquilino di Mar-a-Lago, entrambi legati ai suoi tentativi di cambiare i risultati delle elezioni del 2020 contro Joe Biden: uno nello stato della Georgia, dove ha fatto pressioni su un funzionario per “trovare 11.780 voti”, e l’altro a livello federale per aver cercato di bloccare la certificazione dell’esito elettorale il 6 gennaio 2021. Nel secondo caso, se fosse incriminato nel distretto federale di Washington, D.C. oppure in quello adiacente della Virginia, ci sarebbe la possibilità che il processo avvenga anche prima di quello della Florida, in quanto sono distretti noti per procedere molto rapidamente.

D’altra parte, anche da condannato, Trump potrebbe continuare la corsa presidenziale, a meno di una pena di interdizione dai pubblici uffici, che sarebbe possibile solo in relazione ai processi relativi all’interferenza nelle elezioni. E con Joe Biden come avversario, che avrà quasi 82 anni ed è già visto dalla maggioranza dei cittadini come troppo vecchio per il ruolo, non si potrebbe escludere qualche colpo di scena.

Infine, c’è lo scenario da incubo: Trump condannato alla prigione – i reati in questione prevedono numerosi anni di reclusione, e quando l’imputato rifiuta un accordo i procuratori non sono teneri – e poi eletto presidente. Una crisi costituzionale sarebbe praticamente assicurata. Rimane la possibilità che Trump non vinca le primarie repubblicane, ma ad oggi gli sfidanti non brillano. Ron DeSantis rimane distaccato di circa 30 punti percentuali, mentre tra gli altri candidati in corsa nessuno va oltre il 5-6 per cento. DeSantis era partito bene ma ha fatto una serie di errori dopo aver annunciato la candidatura, e oggi l’entusiasmo per lui nel mondo repubblicano è in netta discesa. Ci sono altre figure che cercano di emergere, come l’ex vice presidente Mike Pence e l’imprenditore libertario Vivek Ramaswamy, ma sono lontani dai livelli di sostegno necessari per rappresentare una minaccia effettiva. La grande domanda è se qualcuno tra loro riuscirà a danneggiare Trump nella stagione dei dibattiti – che inizia a fine agosto – con l’argomentazione citata sopra, secondo cui l’ex presidente è un perdente sicuro, e quindi occorre cambiare pagina. Per evitare una crisi legale-elettorale inedita, il tempo stringe.

– Newsletter Transatlantico N. 23-2023

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