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Il Washington Post detta la linea sull’Ucraina

May 21, 2022

Notizie, Politica, Strategia

Niente trattative, è ora di combattere. Chi fa fatica a credere che esistono persone che non vogliono la fine della guerra tra la Russia e l’Ucraina in questo momento, legga il commento redazionale del Washington Post dello scorso 16 maggio. Le direttive che il Comitato di redazione vorrebbe dare al mondo politico americano sono piuttosto chiare:

“Questo non è il momento, dunque, di cercare un cessate il fuoco negoziato tra l’Ucraina e la Russia, come proposto dalla Francia, dalla Germania e dall’Italia nei giorni scorsi. Il loro desiderio di accorciare questa guerra distruttiva – e quindi di limitare i danni sia all’Ucraina sia alle proprie economie in difficoltà – è comprensibile. Le loro promesse di non imporre dei termini a Kiev sono senza dubbio benintenzionate. Tuttavia, i rischi di un rilassamento delle pressioni sul sig. Putin prima che sia completamente sconfitto, e forse nemmeno allora, sono troppo alti”.

I direttori del prestigioso giornale di Washington, organo che spesso interpreta le posizioni delle istituzioni permanenti del Paese, sembra voler dettare una linea netta: non si tratta finché Putin non sarà stato messo a terra, e quel “forse nemmeno allora” ci indica che gli obiettivi vanno oltre solo la difesa dell’Ucraina. Proprio il contrario di quanto affermato dal presidente francese Emmanuel Macron nel discorso a Strasburgo del 9 maggio, quando disse che non si può puntare ad umiliare il presidente russo; e anche espressamente opposta alle richieste del governo italiano e di quello tedesco, evidentemente visti come troppo preoccupati degli effetti economici della guerra, e poco concentrati sull’obiettivo strategico più ampio.

La critica certamente non è nuova, e riflette due approcci molto diversi alle relazioni internazionali, uno più ideologico, l’altro più realista. L’intervento del Washington Post infatti sottolinea l’emergente divergenza tra i grandi paesi europei e gli Stati Uniti, proprio l’esito che si sperava di evitare in questa crisi, visto che dall’inizio si parla della volontà di Putin di dividere l’Occidente, obiettivo mancato però, grazie all’ampio consenso ottenuto nel mondo atlantico per la guerra economica contro Mosca.

Il titolo dell’editoriale, in realtà, faceva pensare ad altro: “La Russia sta perdendo. Questo potrebbe rendere Putin più pericoloso”. Con questo sembrava che il giornale volesse aggiungersi al dibattito sui rischi che potrebbero emergere se il presidente russo si sentisse messo in un angolo, e in particolare se gli Stati Uniti puntino non solo a respingere l’attacco russo all’Ucraina, ma anche ad andare oltre per indebolire la Russia e il suo leader in modo profondo, come di fatto dichiarato da diversi rappresentanti americani in queste settimane.

Si tratta di un commento redazionale, strumento che negli Stati Uniti passa per un canale separato da quello delle notizie. Tuttavia, anche nelle news dei grandi giornali americani si percepisce spesso la volontà di affermare prima di tutto la visione di un Putin che rappresenta l’apice del male e della falsità, che attraverso crimini di guerra, genocidio e una guerra per annichilire l’Ucraina non potrà mai essere un interlocutore accettabile per l’Occidente. Questa visione, però, contrasta con le osservazioni dei giornalisti e commentatori più attenti, compreso qualche analista del Pentagono, che senza voler difendere l’invasione o prendere la parte di Putin, rimarcano comunque il fatto che la Russia sta in effetti seguendo una strategia diversa dalla “guerra totale” per cancellare l’Ucraina e il suo popolo. E’ una costatazione importante perché aiuta a capire non solo come meglio resistere, ma anche quali prospettive ci possono essere per trovare una via d’uscita dal conflitto. Come riportato da Transatlantico.info nelle ultime settimane, crescono gradualmente le voci che mettono in dubbio l’opportunità di sfruttare il momento attuale per indebolire la Russia e anche puntare alla rimozione di Vladimir Putin dal potere. C’è da pensare che questo dibattito si intensificherà nelle prossime settimane. Per ora, però, il Washington Post non ha dubbi: avanti a tutto vapore.

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