Donald Trump, Henry Clay e il “Sistema americano”

April 23, 2017

Economia, Politica

– Andrew Spannaus –

A fine marzo, mentre buona parte dei commentatori americani si concentravano sul fallimento della proposta di legge repubblicana sulla sanità, alcune delle parole più importanti pronunciate da Donald Trump sono passate quasi inosservate. Il presidente era lontano da Washington il 20 marzo, impegnato in uno dei suoi tentativi periodici di mantenere il fervore tra la base. Ad un comizio a Louisville, nel Kentucky, Trump ha ripetuto le sue battute standard in merito all’America First, a partire dalla politica economica. Quando è arrivato a dire che bisogna “comprare americano e assumere americani”, qualcosa di nuovo è emerso, un riferimento ad un personaggio chiave nella storia economica americana: Henry Clay, un membro del Congresso all’inizio del 19mo secolo.

Trump ha parlato della necessità di un nuovo modello economico, e poi ha ricordato che il protezionismo non è una parolaccia nella storia Usa; piuttosto è stato visto come un mezzo per promuovere le manifatture e costruire l’industria.

Ha detto Trump: “Come Henry Clay, vogliamo mettere a lavorare la nostra gente. […] Clay era un grande fautore delle manifatture americane. Disse che il libero scambio, che avrebbe spalancato i nostri porti alle produzioni straniere senza dazi mentre i loro sarebbero rimasti chiusi per noi […] Clay disse che il commercio deve essere giusto, alla pari e basato sulla reciprocità”.

Trump ha poi utilizzato le parole “Sistema americano”, che si associano alla corrente di nazionalismo economico promosso da figure come Alexander Hamilton, Clay e Henry Carey, promotori degli investimenti nell’industria e nelle infrastrutture, e delle protezioni contro le richieste liberoscambiste degli imperi europei, che cercavano di minare l’indipendenza economica americana per difendere la propria superiorità.

“Nello spiegare il suo Sistema americano, Clay affermò che l’unico obiettivo del dazio è di tassare il prodotto dell’industria straniera con l’obiettivo di promuovere l’industria americana – ha dichiarato Trump – Per troppo tempo il nostro Governo ha abbandonato il Sistema americano”.

Le parole del presidente sono state ignorate da buona parte dei commentatori, eppure il riferimento a Clay e al sistema americano fa capire che qualcosa di nuovo è in corso, un tentativo di legare la retorica populista di Trump ad alcuni dei periodi più importanti ed efficaci della crescita economica nella storia statunitense.

Nella prima metà del 19mo secolo, Henry Clay fu il più noto promotore del Sistema americano di economia politica. La sua visione era di perseguire l’obiettivo di lungo termine fissato dai padri fondatori Benjamin Franklin, George Washington e Alexander Hamilton: creare una repubblica indipendente che avrebbe rotto non solo i legami formali con l’impero britannico, ma che avrebbe anche dimostrato la superiorità di una società libera dalle strutture aristocratiche presenti in Europa. Il requisito indispensabile di questo progetto era lo sviluppo dell’economia produttiva, fornendo le basi per un’indipendenza duratura. Significava la promozione delle “migliorie interne” – ciò che oggi chiamiamo le infrastrutture – le manifatture e forti legami tra l’agricoltura e l’industria.

Nei primi anni della repubblica, l’aderenza a questa visione non era certamente unanime; ci furono fazioni che preferivano vivere dal commercio con l’Europa e che si opposero fortemente agli interventi decisi da parte del governo federale. Lo slogan del ‘libero mercato’ venne utilizzato allora – come anche oggi – per contrastare le politiche come i dazi, la banca nazionale, e altre forme di intervento statale che favorivano la produzione domestica rispetto alla competizione senza restrizioni.

Henry Clay fu uno dei grandi campioni della visione del Sistema americano, un gigante del suo tempo che troppo spesso viene trascurato. Avvocato e parlamentare del Kentucky, Clay andò a Washington per la prima volta nel 1806 per occupare un seggio vacante nel Senato. Dopo due periodi da sostituto Senatore, Clay fece ritorno alla capitale nel 1811 come deputato alla Camera dei Rappresentanti, dove fu subito eletto presidente. Anni dopo Clay avrebbe aiutato a fondare il partito Whig, in opposizione ad Andrew Jackson e alla sua visione cosiddetta “populista” contro un governo federale forte. Una delle grandi ironie degli sconvolgimenti politici odierni è che coloro che si identificano come populisti ora chiedono il ritorno al protezionismo, una visione ben diversa dal populismo passato che contrastava il ruolo dello stato centrale.

Già da quando fu un sostituto senatore, Clay cominciò a promuovere la sua visione per la nazione. Nel 1807, in linea con gli sforzi di John Quincy Adams, lavorò per ottenere il passaggio di una risoluzione che impegnava il Segretario al Tesoro a stilare un piano per la costruzione di una rete nazionale di canali e strade, successivamente preparato dal Segretario Albert Gallatin. Non fu attuato immediatamente a causa dell’opposizione del Presidente Thomas Jefferson, tra gli altri, ma questo approccio alle migliorie interne, accompagnate da misure come la creazione della Seconda Banca degli Stati Uniti, e dei dazi per proteggere le manifatture, formò la base per il Sistema americano che sarebbe sopravvissuto per decenni, rendendo lo statista del Kentucky uno degli idoli di Abramo Lincoln.

E’ importante notare che l’obiettivo delle politiche protezionistiche non fu di bloccare il commercio internazionale. Piuttosto il commercio condotto alle condizioni dettate dai britannici (e dai francesi) era considerato un blocco alla crescita degli Stati Uniti, che perpetuava la condizione pre-rivoluzionaria delle colonie quando erano principalmente esportatori di materie prime.

Nei primi vent’anni dopo la nascita della nuova nazione ci fu un periodo di grande crescita. Tuttavia i benefici derivarono principalmente agli stati del New England (la costa nord-est) e ai pochi altri che guadagnavano parecchio dal carry trade, con arbitraggio sui prodotti importati dalle Indie e poi riesportate in Europa.[1]

Molti nella classe dei commercianti preferirono continuare su questa strada, nonostante le restrizioni e le condizioni pesanti imposte dalla Gran Bretagna, ma i nazionalisti reagirono con irritazione ai limiti sullo sviluppo dell’industria interna, una condizione che bloccava la missione adottata dalla Rivoluzione americana. Il risultato fu che Clay e i suoi alleati al Congresso, soprannominati i “Falchi di guerra” (“War Hawks”), si mobilitarono a favore della guerra contro la Gran Bretagna, con lo scopo di ottenere finalmente l’indipendenza piena, permettendo non solo il commercio senza restrizioni ingiuste, ma anche l’espansione dell’industria e del commercio interno verso le aree occidentali del paese. Clay è stato definito “l’uomo la cui influenza e potere hanno prodotto più che ogni altro la Guerra del 1812 tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna”.[2]

Il Sistema americano definito da Clay ha rappresentato un punto di riferimento cruciale per vari periodi di crescita economica nella storia americana. L’approccio può essere definito come nazionalismo economico, ma è essenziale capire che il nemico di questa visione non è l’espansione del commercio internazionale o le attività di imprenditoria, ma piuttosto il tentativo da parte degli interessi coloniali di impedire lo sviluppo dell’industria e quindi la crescita di una classe lavoratrice forte e ben educata in grado di sostenere una repubblica democratica indipendente.

Infatti gli economisti del Sistema americano come Henry Carey, le cui idee avrebbero costituito la base per la nascita del Partito Repubblicano nel 1850, dimostrarono che in realtà le protezioni per l’industria americana facilitarono il commercio, in quanto “ogni uomo consuma nella misura che produce”.

La teoria economica moderna non guarda con simpatia all’idea che una nazione dovrebbe promuovere le proprie industrie a scapito dell’efficienza dei mercati internazionali. Gli eventi dei decenni recenti però, hanno dimostrato che i concetti di base emersi nel 1800 si applicano ancora oggi: la ricerca dei bassi costi porta ad una corsa verso il basso, e indebolisce il tessuto economico e sociale di paesi che mirano a fare crescere la classe media.

Mentre l’Amministrazione Trump cerca di sviluppare una politica coerente sul commercio mondiale e la promozione della manifattura americana, prendere ad esempio la corrente di Hamilton, Clay, Carey e Lincoln potrebbe, nel migliore dei casi, provocare una vera svolta nella politica moderna; come minimo invece, dovrebbe permettere una discussione più profonda del significato del protezionismo nella storia Usa, oltre la caricatura che ha dominato il dibattito pubblico fino ad ora.

E’ chiaro che il presidente Trump faccia dei riferimenti selettivi, forse anche confusi; infatti parla in termini calorosi di Andrew Jackson, il cui approccio economico fu diametralmente opposto a quello di Clay e di altri rappresentanti della corrente nazionalista. Cionondimeno, una discussione seria di come attuare una versione moderna dell’enfasi posta dal Sistema americano sugli investimenti e il commercio equilibrato, porterebbe un elemento nuovo ed importante al dibattito sul fallimento della globalizzazione negli ultimi 25 anni

Articolo pubblicato in inglese su Aspenia online

[1]
[1] Douglass C. North, The Economic Growth of the United States, W.W. Norton & Company Inc., New York, 1966, p. 53.

[2]
[2] Citazione di Josiah Quincy riportata in: Quentin Scott King, Henry Clay and the War of 1812, Jefferson, North Carolina, McFarland & Company, Inc., Publishers, 2014, p. 148.

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