Economisti del FMI criticano le liberalizzazioni e l’austerità

June 6, 2016

Economia, Notizie

(free) – di Andrew Spannaus –

Tre economisti che lavorano per il Fondo Monetario Internazionale hanno scritto un articolo in cui criticano aspetti importanti dell’agenda “neoliberista”. Intitolato “Neoliberalism: Oversold?” l’articolo appare sulla rivista Finance & Development, pubblicata dal FMI stesso. Jonathan D. Ostry, Prakash Loungani, e Davide Furceri del Dipartimento delle Ricerche del Fondo indirizzano delle critiche a due politiche in modo particolare: la liberalizzazione dei movimenti di capitali, e l’austerità.

Gli autori cominciano ricordando i due pilastri delle politiche neoliberiste degli ultimi decenni: l’aumento della competizione, ottenuta principalmente attraverso la deregulation, e il ruolo minore dello stato. Affermano che l’aumento del commercio mondiale ha salvato milioni di persone dalla povertà, e che la privatizzazione delle aziende statali ha portato efficienza e un miglioramento dei conti pubblici.

Dopo questa difesa d’ufficio della politica perseguita dalla loro istituzione, i tre economisti cominciano ad analizzare i problemi provocati dagli influssi di capitali speculativi; cercano di stabilire una distinzione tra l’investimento diretto estero che può stimolare la crescita, e i movimenti a breve termine che provocano volatilità e contribuiscono ad un aumento delle disuguaglianze economiche.

In termini del bilancio statale, gli autori dell’articolo fanno un passo timido verso una posizione critica dell’austerità. Ribadiscono che alcuni paesi, come quelli dell’Europa meridionale, devono per forza ridurre la spesa pubblica a causa delle richieste del mercato; ma dicono che forse paesi più stabili, come gli Stati Uniti e la Germania, non hanno davvero bisogno di ridurre il debito pubblico, perché gli svantaggi superano i vantaggi. I rappresentanti del FMI arrivano perfino ad ammettere che l’austerità raffredda la domanda e peggiora la situazione occupazionale.

In questo contesto riservano delle critiche per la tesi sostenuta da Alberto Alesina che il “consolidamento fiscale” (i tagli al bilancio) possa portare all’espansione economica. Rilevano ciò che a tutti gli altri è ovvio da tempo: l’austerità in genere è seguita da un calo delle attività economiche, non il contrario.

Nelle loro conclusioni i tre economisti parlano della necessità di avere una visione più sfumata delle potenzialità dell’agenda neoliberista. Citano funzionari del FMI come Christine Lagarde nel tentativo di dimostrare che l’organismo internazionale stia già andando in questa direzione. Tuttavia non si può nascondere che l’articolo costituisce una critica del Fondo stesso: per quanto i suoi rappresentanti parlano dell’importanza dell’equilibrio e della flessibilità nelle ricette proposte, la realtà è che spesso l’FMI svolge il ruolo guida nell’esigere l’austerità nelle trattative con paesi in difficoltà; basti pensare alla Grecia in questi mesi, dove il teorema austerità=crescita viene applicata in pieno, nonostante gli effetti disastrosi prodotti negli ultimi anni.

Ci si augura che questo articolo sia più efficace nel cambiare l’orientamento del Fondo rispetto ad interventi simili in passato, e alle saltuarie ammissioni di errori nella gestione delle crisi, che finora non sembrano aver dato luogo ad un serio ripensamento della fede nei principi neoliberisti che Ostry, Loungani e Furceri mettono in discussione.

– Newsletter Transatlantico N. 39-2016

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