fbpx
07syria0214

Foreign Fighters: Intervento Spannaus al CASD

April 1, 2015

Interventi

(free) Resoconto dell’intervento di Andrew Spannaus alla Tavola Rotonda:

“Foreign fighters europei e jihad transnazionale:

strumenti di prevenzione e contrasto”

Centro Alti Studi Difesa – Roma – 27 marzo 2015

– Ho apprezzato l’intervento del Consigliere Marco Carnelos che ha parlato della necessità di evitare di farci coinvolgere direttamente in una nuova guerra. Anch’io sono un grande fautore del motto della Casa Bianca citato prima: “non fare cose stupide”. Credo però che nell’applicare questo motto dobbiamo anche guardare a certe manovre del passato, che sono in parte alla base dei problemi di oggi.

Di questi tempi in Europa si sente spesso dire che il terrorismo è diventato impossibile da controllare, ci sono i lupi solitari che non possiamo identificare in anticipo, e cose del genere. Io invece credo che ci siano motivi per essere cautamente ottimisti sulla possibilità di controllare il terrorismo, perché abbiamo visto che molti di coloro che hanno compiuto, o cercato di compiere, attentati in Occidente negli ultimi anni erano in realtà già noti all’intelligence o alle forze dell’ordine.

Ci sono numerosi esempi ma mi limiterò per ora a citare quello dei fatti recenti di Parigi. I fratelli Kouachi erano noti alla polizia francese, ed erano stati visti con il reclutatore di Al-Qaeda Djamel Beghel. Beghel era uno dei frequentatori della moschea di Finsbury Park a Londra, che annoverava tra i suoi capi Abu Hamza.

Hamza è stato perfino estradato negli Stati Uniti per essere processato per le sue attività di reclutamento di terroristi. La sua difesa principale sembra essere stata che in realtà collaborasse con il servizio d’intelligence britannico MI-5. Non so se sia vero in questo caso, ma senza dubbio si è riusciti ad infiltrare molte reti.

C’è una lunga tradizione di sostegni a personaggi e gruppi pericolosi in altri paesi per motivi geopolitici. Gran parte dei mujaheddin che sono emersi negli anni Novanta vennero dal conflitto in Afghanistan, dove noi li sostenemmo per indebolire l’Unione Sovietica. Lo stesso Osama Bin Laden aveva una casa a Londra e finiva spesso sui media, prima di diventare il grande nemico dell’Occidente.

Per anni i combattenti in Cecenia erano visti in chiave positiva perché contrari al regime russo. Sono stati accuditi e promossi qui in Occidente.

Il problema è proseguito anche negli ultimi anni: nel caso della Libia ci siamo trovati ad armare e aiutare gruppi di ribelli che poi si misero dalla parte di gruppi estremisti affiliati ad Al-Qaeda, spostandosi anche in Siria a combattere contro il regime di Assad.

Questi gruppi sono stati – e alcuni sono – finanziati anche dai nostri alleati come Arabia Saudita e Qatar; una schiera di combattenti sostenuti direttamente o indirettamente per motivi strategici e geopolitici ma che successivamente ritroviamo dentro le reti terroristiche che dobbiamo contrastare.

Non possiamo considerare le stesse persone un giorno combattenti per la libertà perché ci fa comodo, e il giorno dopo terroristi perché abbiamo scoperto che in realtà sono dei fanatici. Questa strategia ci porta a dover combattere contro persone che noi stessi abbiamo sostenuto, che usano le nostre armi, i nostri soldi, che sono il frutto dei nostri interventi passati.

Questa strategia va cambiata, anche a costo di dover collaborare con paesi che sembrano i nostri avversari strategici, come stiamo sperimentando adesso nel caso dell’Iran, o anche con il cambiamento di posizione verso il governo di Assad. Ora sappiamo che c’è di peggio e dobbiamo in qualche modo mantenere la stabilità.

E soprattutto c’è la Russia. Nonostante l’aumento dello scontro nell’ultimo anno nel caso dell’Ucraina, dobbiamo renderci conto della necessità di cooperare, soprattutto in Medio Oriente. E’ un processo già in atto, dietro le quinte; mi auguro che vada avanti.

 

La Tavola Rotonda è stata organizzata dal Dott. Paolo Quercia del CeNASS in collaborazione con il CeMiSS e il CASD

No comments yet.

Leave a Reply