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Torna il tema della tassazione di Wall Street

September 24, 2015

Economia, Notizie

(free) – di Andrew Spannaus –

Nella fase calda del dibattito sulle riforme da attuare dopo lo scoppio della crisi finanziaria nel 2008, uno dei punti più discussi era stata la tassazione dei guadagni da capitale. I riflettori puntarono in modo particolare sul “carried interest“, il cavillo che permette ai gestori di fondi di pagare solo il 15% di tasse sui propri guadagni in quanto classificati come reddito da capitale piuttosto che da lavoro. A Wall Street il meccanismo viene utilizzato ampiamente per garantire stipendi molti alti per i manager.

Nel 2011 il famoso investitore Warren Buffet dichiarò che un dirigente non dovrebbe mai pagare meno tasse della propria segretaria. L’idea fu ripresa dalla Casa Bianca con il nome della “Buffet Rule” e proposta insieme ad altre misure per riequilibrare la tassazione dei ricchi negli Stati Uniti. Il Presidente Obama ne parlò molto nel tentativo di riguadagnare i consensi dopo la debolezza delle riforme attuate con la legge Dodd-Frank e in modo particolare la mancanza di un intervento sui salari dei dirigenti delle grandi banche che erano sopravvissute grazie agli aiuti pubblici.

Nel 2012 Obama e i suoi alleati utilizzarono questo tema con molto successo per danneggiare Mitt Romney nella campagna elettorale. Quando il candidato repubblicano fu costretto a pubblicare le proprie dichiarazioni dei redditi si seppe che aveva pagato soltanto il 14% di tasse su un reddito di circa 14 milioni di dollari nel 2011.

Tuttavia come spesso succede le proposte di sapore più popolare rimasero sulla carta, in quanto dopo le elezioni le pressioni (e i soldi) dell’establishment riuscirono a bloccare il progresso delle proposte di legge in questo senso.

Ora con la ripresa della campagna elettorale il tema riaffiora, questa volta anche tra i candidati repubblicani. Come ha fatto notare lo stesso Presidente Obama due settimane fa, due dei candidati in testa ai sondaggi per le primarie repubblicane, Donald Trump e Jeb Bush, si sono dichiarati a favore dell’aumento della tassazione sui guadagni finanziari. E da parte democratica tutti i candidati principali sostengono la proposta di eliminare l’agevolazione sul carried interest. Così si crea uno schieramento trasversale di chi riconosce che per guadagnare il voto degli americani non basta parlare di ripresa economica; c’è ancora sete di giustizia per chi ha provocato una crisi i cui effetti negativi non sono stati superati.

Si è ancora nella stagione delle primarie però, quando i candidati promettono tanto nella speranza di emergere nel proprio partito. E’ lecito dubitare che il prossimo presidente sarà davvero disposto a sfidare la finanza con una mossa di questo tipo, soprattutto se sarà uno dei candidati più graditi all’establishment come Hillary Clinton, Jeb Bush o Marco Rubio. Se dovesse emergere invece uno dei candidati “minori” – Bernie Sanders, Martin O’Malley, o anche Elizabeth Warren – la situazione sarebbe diversa, e il clima della campagna elettorale potrebbe influire in modo concreto sulle future iniziative legislative.

– Newsletter Transatlantico N. 70-2015

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