Tra manette e riforme, arriva il nuovo ’92

April 17, 2012

Politica, Storia, Strategia

Tra manette e riforme, arriva il nuovo ’92 in ItaliaAd un osservatore attento, i numerosi scandali che colpiscono quasi tutti gli schieramenti della politica italiana, visti in controluce alla presenza di un governo tecnico che dichiara di fare finalmente le riforme necessarie a modernizzare il paese, non possono che suggerire un parallelo con un periodo simile di non tanto tempo fa, quello di Tangentopoli e dei governi tecnici dell’inizio degli anni Novanta.
Allora ci fu un attacco speculativo in grande stile, che portò ad una forte svalutazione della Lira. La finanza internazionale, guidata in quel caso dal famoso “mega-speculatore” George Soros, portò a casa miliardi di dollari inaugurando una stagione sui mercati internazionali che avrebbe rappresentato perfettamente lo spirito della globalizzazione: i governi dovevano piegarsi ai voleri della finanza, permettendo alla “libera concorrenza” di sopraffare la sovranità nazionale.
L’attacco speculativo e la conseguente svalutazione della moneta peggiorarono la crisi della finanza pubblica, per cui il bilancio dello Stato venne considerato insostenibile. Seguì un lungo periodo di misure lacrime e sangue, iniziato già prima dell’attacco con il prelievo forzoso dai conti correnti nel luglio del ’92, e poi lanciato in grande stile con la manovra da 93.000 miliardi di lire, sempre ad opera del Governo Amato. Al contempo, si avviò la grande stagione delle liberalizzazioni e privatizzazioni di grandi fette dell’economia italiana.

Come si sa, tutto ciò è avvenuto nel contesto della decimazione della classe politica italiana, quella della “Prima Repubblica”, quella dei partiti politici che avevano retto il paese nel dopoguerra. Dalla DC ai Socialisti, i principali leader politici furono screditati e estromessi dal potere. Rimasero molti, ricilatisi nei modi più svariati, ma la musica era cambiata; comandavano i tecnici, esperti come Giuliano Amato e Carlo Azeglio Ciampi, che avrebbero ridisegnato l’economia italiana.
Furono riscritte le regole del sistema bancario e finanziario. Si cominciò a smantellare le partecipazioni statali, vendendo – e in molti casi svendendo proprio – i gioielli di stato; tutto ad uno sconto non indifferente quando si trattava di compratori stranieri, grazie alla svalutazione del settembre ’92.
Senza addentrarci in un’analisi completa di Tangentopoli e dei suoi risvolti, ci limiteremo qui a porre qualche domanda:
– E’ stata davvero ‘scoperta’ la corruzione politica in Italia in quel periodo? Oppure si sapeva da tempo come funzionava il finanziamento dei partiti, e in qualche modo si decise di fare saltare il tavolo in quel momento storico?
– Stiamo meglio oggi? La nuova classe politica è più pulita e in grado di difendere meglio gli interessi della popolazione?

Le risposte non sono difficili, sarebbe auspicabile che si cominciasse a riflettere più a fondo su quel periodo di trasformazione, proprio perché sta avvenendo qualcosa di simile oggi. Ad onor del vero però, questa volta la potenziale resistenza da parte della classe politica sembra decisamente minore, in quanto quasi tutti si sono allineati subito quando il Presidente Napolitano impose il governo di Mario Monti alla fine del 2011. L’altro Mario, il signor Draghi, invece di essere messo a capo del Governo italiano fu mandato alla vera cabina di regia europea, la BCE, e così la formula “greca” viene imposta anche in Italia, con il risultato prevedibile di provocare la recessione e renderci tutti più poveri per pagar il pizzo ai mercati che devono riacquisire la “fiducia” nel paese.

Ma l’aspetto più importante delle misure varate dal Governo Monti non sono i soldi trovati per accontentare i contabili; la vera posta in gioco sono le “riforme strutturali”, la necessità di cambiare i settori per cui i soldi vengono spesi, e le regole generali dell’economia italiana. E qui sorge il vero paragone con il periodo ’92-’93. Allora iniziò la campagna per entrare nell’Euro. Con il Trattato di Maastricht fu imposta la riduzione del deficit, l’italia dovette allinearsi ai parametri europei. Il passaggio durò diversi anni e fu doloroso. Tutto per il nostro bene, ci fu spiegato, ma vent’anni dopo stiamo ancora facendo i sacrifici per rispettare le regole europee.
Noi diremmo che la colpa è di quelle stesse politiche; che le riforme liberiste hanno incentivato la finanza speculativa – che poi ha fatto crac – e disincentivato l’economia produttiva, ridottasi costantemente. Le conseguenze sono inevitabili: la capacità di sostenere lo stato sociale viene meno, e il debito (pubblico e privato) continua a crescere.

Loro invece, quelli che troviamo in televisione, nelle università, e ora anche nei ministeri, dicono che dobbiamo ricominciare da capo. L’Italia è troppo incrostata: ci sono gli interessi, le corporazioni, i privilegiati. I tassisti guadagnano troppo, le farmacie pure, gli artigiani non pagano le tasse, e i dipendenti sono attaccati al posto fisso. Serve più flessibilità, più capacità di adattamento.
Adattarsi a cosa? Alla globalizzazione. Se in Cina e in India si lavora di più per molti meno soldi, gli italiani dovranno accettare la nuova realtà. Le manifatture saranno sempre meno, uno stipendio dignitoso è un privilegio, la colpa è solo vostra se avete vissuto troppo bene.
Così bisogna liberalizzare tutto, privatizzare quello che è rimasto in mano pubblica (per partito preso, non perché migliora il servizio o abbassa le tariffe; in quasi tutti i casi si è dimostrato il contrario in questi anni). Le pensioni vanno cambiate, le regole sul lavoro pure. Tutte cose che in astratto sembrano avere un loro perché contabile o competitivo, ma che viste nel contesto della crisi economica nazionale e globale mirano solo a compiacere i mercati e a permettere l’ulteriore smantellamento dell’economia reale.

Oggi gli scandali vengono utilizzati di nuovo per colpire la classe politica italiana. La caduta del Governo Berlusconi fu annunciata con un’interminabile serie di scandali a luci rosse, il cui scopo era evidente a chi pensava in modo strategico. La stessa arma fu usata contro il Ministro dell’Economia per sostenere la fazione liberista nella battaglia contro chi osava mettere in discussione il dominio del mercatismo. Alla Regione Lombardia numerosi partiti sono stati colpiti in questi ultimi mesi, sia per casi di basso profilo che con annunci di grande effetto mediatico come quello recente in merito alla Lega Nord di Umberto Bossi.
Ma non si pensi ai soli magistrati “comunisti”; pure i partiti di centro e di sinistra sono colpiti da casi corruzione da qualche tempo, dall’ex Margherita all’Idv, dall’UDC al Pd.
Tutti innocenti? Non è questo il punto. Come nel ’92, la domanda è che effetto ha una nuova stagione anti-corruzione proprio ora? Chi vorrebbe manipolare questa situazione per imporre dei cambiamenti fondamentali per il futuro del Paese?
Sembra delinearsi un bel contrasto con i correttissimi professori (e i banchieri) a Palazzo Chigi. I partiti sono corrotti, viva i tecnici!
E così sarà ben più difficile opporsi ai massacri liberisti richiesti dalla City di Londra e da Wall Street, passando per Francoforte e Bruxelles.

Se si vuole davvero difendere l’Italia, se si vuole davvero difendere la tradizione europea, è ora di ripristinare la sovranità nazionale. Serve una classe politica disposta ad opporsi alle operazioni di saccheggio, sta qui la vera corruzione: quanti pensano a salvare se stessi, con soldi o poltrone, piuttosto che agire in difesa del bene comune!?

Oggi non si possono più accettare le riforme strutturali che mirano ad aprire l’economia ai grandi capitali internazionali, alle bolle speculative in cerca di asset da fagocitare e poi rovinare prima di passare alla prossima vittima. E’ un film già visto. Le istituzioni sono delegittimate perché i politici pensano a se stessi, ma nel frattempo i nuovi arrivati pensano a consegnare il Paese mani e piedi ai loro padrini dell’oligarchia transnazionale.
Abbiamo il coraggio di opporci, questa volta?

Andrew Spannaus
13 aprile 2012
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