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La follia dello spread

October 11, 2023

Notizie, Politica

– di Andrew Spannaus –

In queste settimane, infuria il dibattito politico sui rischi per il governo italiano a causa delle preoccupazioni riguardanti il debito pubblico del paese nei mercati internazionali. In modo preventivo, il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha evocato la possibilità che qualcuno cerchi di seguire lo stesso scenario del 2011, cercando di sostituire l’attuale governo con “un governo che nessuno ha scelto”. Alcuni commentatori accusano la premier di cercare nemici nel tentativo di distogliere l’attenzione dalle difficoltà del governo.

A prescindere dalle tattiche politiche adottate da ciascuna delle parti, è importante riconoscere la pericolosità dell’attuale sistema politico ed economico, in cui un paese può trovarsi in difficoltà a causa delle preoccupazioni dei mercati finanziari. In questo modo, il governo sembra rispondere non ai cittadini del paese, ma agli “operatori, banche e istituzioni finanziarie che ogni giorno acquistano i nostri Bond”, per citare Massimo Giannini, direttore del quotidiano La Stampa. Anche se Giannini accusa Meloni di promuovere teorie del complotto, conferma al contempo la tendenza di cui parla la premier: afferma che l’Italia “non sta facendo abbastanza per dimostrare di poter ripagare il suo debito” e che “basta un niente” per scatenare un’altra crisi finanziaria. Il direttore sottolinea le preoccupazioni espresse da banche d’affari e testate prestigiose come il Financial Times e The Economist (che non potevano mancare), richiamando l’attenzione sui fatti del novembre 2011. In sintesi, la minaccia di un nuovo “golpe morbido” contro l’Italia è nell’aria, e sembra che non vi sia nemmeno un tentativo di negarla.

Il realismo ci obbliga a riconoscere che queste preoccupazioni possono effettivamente influire sulla stabilità del governo italiano, ma i principi della democrazia richiedono una riflessione su come affrontare questa situazione. Ciò ci porta direttamente alla questione della confusione e dell’ipocrisia riguardo al debito pubblico.

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