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Proteste in Brasile

La crisi brasiliana

April 22, 2016

Politica

(free) – di Paolo Balmas –

Gli analisti economici avvertono che l’impeachment della presidente Rousseff non aprirà le porte alla ripresa. Malgrado nelle ultime ore la prospettiva di un’azione contro la Presidente è stata sostenuta da una risposta positiva sul fronte dei mercati, il Brasile rimane legato a problemi che la caduta del governo non potrà risolvere. Le condizioni generali del paese sono state presentate come le più deboli degli ultimi settanta anni. Inoltre, il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha descritto il Brasile come uno dei peggiori mercati emergenti.

Molti in Brasile, a partire dall’opposizione, accusano la Presidente e il suo governo in riferimento alle decisioni prese in ambito della politica fiscale, di essere la causa della crisi che sta vivendo il paese. La Rousseff è accusata anche di aver manipolato i dati in proprio favore, durante la campagna del 2014 per il secondo mandato, al fine di dimostrare che parte del deficit era stato sanato. Dilma Rousseff aveva goduto di un consenso del 75%. Ma ora sembra tutto finito.

Secondo gli analisti brasiliani i problemi sono più profondi di quello che è stato definito un incubo politico. Il Brasile ha bisogno di un piano di sviluppo radicalmente rinnovato. Sono necessarie riforme strutturali. Ma resiste un assetto che appartiene ormai al passato. In linea di massima, concordano tutti sul fatto che è importante ricostruire il consenso politico, ma ciò non può bastare a risolvere i problemi economici.

L’opposizione sostiene che frenare le politiche di stampo socialista volute dalla coalizione guidata dalla Rousseff, permetterà di riportare l’economia del paese alla crescita. Ma l’opposizione deve fare i conti con un’ampia fetta della popolazione brasiliana. Infatti, sebbene il consenso per l’ex presidente Lula e per l’attuale Rousseff, sia drasticamente calato, il successo delle politiche dei due governi sarà difficilmente dimenticato. E un confronto diretto con nuove politiche d’austerità non porterebbe di certo a una vita politica più equilibrata.

Di fatto, i programmi degli ultimi anni, come Bolsa Familia e Brasil sem Miséria, hanno permesso di superare a circa tre milioni e mezzo di cittadini la condizione di miseria in cui versavano; un milione di cittadini sono stati salvati da uno stato di miseria estrema; infine, a febbraio 2013, con l’innalzamento del salario minimo, sono state aiutate circa due milioni e mezzo di persone che vivevano sotto la soglia di povertà. Di fronte a una popolazione di oltre duecento milioni di brasiliani, i programmi sociali hanno aiutato una fetta piuttosto ristretta. In qualsiasi caso, non sembra possibile che i problemi del Brasile si possano risolvere con la rimozione di questi programmi.

In altre parole, il Partito dei Lavoratori ha sfruttato parte dei capitali accumulati con la crescita degli ultimi anni affinché una parte della popolazione riuscisse a entrare nella società e nel mercato del consumo brasiliani. Si è cercato di stimolare l’istruzione e ridurre la piccola criminalità. Il successo di queste politiche ha determinato la fama nazionale della Rousseff, ma anche la sua caduta. A questo si aggiunga il tentativo protezionista del governo nell’ambito dell’industria degli idrocarburi, da subito osteggiata a livello internazionale.

Il Brasile presenta una condizione demografica perfetta per una crescita economica veloce, con una porzione ampia della popolazione compresa fra i cinque e i trentacinque anni di età. Ma tale condizione si presta facilmente anche all’agitazione sociale. Se la delusione provocata dalla tempesta mediatica contro la Rousseff e contro la classe politica in generale (si pensi allo scandalo Petrobras nell’ultimo anno), si trasformerà in indignazione e poi in rabbia sulla scia di politiche restrittive, si passerà facilmente ai disordini e all’instabilità interna. Ma le politiche di austerità potranno essere giustificate facilmente facendo ricadere tutte le colpe sui governi passati. Un copione già visto altrove.

Il risultato sarà un ulteriore rallentamento della crescita e un ritardo del Brasile nel cavalcare il futuro periodo di sviluppo economico. Si potrà evitare una crisi politica prolungata e sviluppare l’economia reale se il prossimo governo sarà capace di mediare fra le linee guida offerte attraverso il Fmi e farsi interprete del consenso latente nella popolazione dovuto alle politiche di sostegno promosse da politici che invece il consenso lo hanno perso.

– Newsletter Transatlantico N. 27-2016

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