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EU Commission

Europa: Brexit, energia e migranti

June 13, 2016

Politica

(free) – Gerardo Fortuna da Bruxelles –

 Con il trasloco mensile dei deputati a Strasburgo per la plenaria, il Consiglio Ue Energia e Trasporti riunitosi in Lussemburgo e il dibattito politico incentrato su questioni interne britanniche, si respira un’aria relativamente tranquilla a Bruxelles questa settimana. Sembra quasi che il soffio vitale che mette in moto gli ingranaggi della macchina europea abbia smesso momentaneamente di spirare in quella parte di mondo tra Rond-point Schuman e Place du Luxembourg.

Brexit

Tra i corridoi comunque popolati del quartiere europeo si continua a parlare di Brexit. Mentre la sterlina è in caduta libera sui mercati rispetto alle dieci principali valute mondiali, arriva la notizia che il fronte del “Leave” è sopra nei sondaggi di 4 punti percentuali. A schierarsi a favore della permanenza in Ue del Regno Unito, due consessi globali in recente crisi di legittimità – e di rilevanza – nel mondo multipolare, Nato e WTO. Per il Segretario Nato Stoltenberg l’Europa non avrebbe bisogno di ulteriore instabilità e in quest’ottica la Brexit contribuirebbe a creare uno spazio di sicurezza più frammentato. Più drammatico lo scenario dipinto da Roberto Azevedo, direttore generale WTO, che ha stimato in 8,4 miliardi di dollari il costo complessivo per l’uscita dal sistema di accordi di libero scambio di cui il Regno Unito è partecipe in quanto membro dell’Unione. Secondo il WTO per regolarizzare nuovamente gli accordi con 58 paesi terzi e gli altri 27 dell’Unione ci vorrebbero oltre 10 anni.

Intanto martedì sono scaduti i termini per l’iscrizione al referendum e si è tenuto il dibattito televisivo tra Farage e Cameron, più simile nel format a un question time con cittadini che a un vero scontro tra due leader. Il ritmo è stato non esaltante, con i temi della migrazione e dell’economia a farla da padrone, nonostante il Regno Unito abbia finora ospitato pochi richiedenti asilo e anche Cameron abbia omesso il dato che vede il suo paese secondo utilizzatore del Fondo EFSI dello Juncker Plan. Il giorno dopo il dibattito, proprio durante la discussione a Strasburgo sulla revisione a medio termine del piano di investimenti, Nigel Farage ha concluso il suo intervento abbandonando l’emiciclo e augurandosi di aver parlato in plenaria per l’ultima volta.

Curiosa l’eventualità che possa costare cara all’Unione una sua mancanza di regolarizzazione degli standard tecnici nel campo delle comunicazioni. Alcuni uffici postali tedeschi hanno notificato di avere difficoltà a riconoscere il formato delle buste elettorali che permetteranno ai cittadini britannici residenti in Germania di votare. Nel caso una manciata di voti possano costituire davvero l’ago della bilancia, l’Europa che tutto regola potrebbe essere tradita dal non aver regolato realmente tutto.

Energia

In Lussemburgo si è tenuto in apertura di settimana un Consiglio Energia e Trasporti che aveva tra i principali temi all’ordine del giorno la questione della sicurezza energetica e l’istituzione di un meccanismo per lo scambio di informazioni in materia di accordi energetici con Stati terzi. Se pochi passi avanti sono stati fatti sul primo punto, si è raggiunto un compromesso sul secondo, dando il via ai negoziati con il Parlamento per regolare il sistema di scambio di informazioni ex-ante, pensato soprattutto per controllare gli accordi dei membri con la Russia che siano non conformi alla normativa europea. L’obiettivo è evitare nuovi casi come quello del Nord Stream 2, che permetterà al gasdotto russo di raddoppiare la propria portata dagli attuali 33 milioni di metri cubi l’anni a 55 milioni, garantendo alla Russia il controllo di oltre il 70% del mercato delle importazioni in Ue. Durante un dibattito alla scorsa plenaria di Strasburgo, il Commissario Cañete aveva palesato una certa impotenza della Commissione nell’agire sugli accordi tra Germania e Russia, riconoscendo come il progetto cambierebbe la configurazione del mercato energetico attuale in Europa. A preoccupare, anche la paventata ipotesi di un South Stream, ripresa da Putin in un suo editoriale apparso sul quotidiano Kathimerini nei giorni della sua visita in Grecia e recentemente rilanciato da alcune fonti russe.

Il Consiglio ha approvato un “general approach” rispetto alla proposta della Commissione che mirava a istituire degli obblighi di notifica alla Commissione da parte degli Stati membri, prima della firma di accordi energetici con Paesi terzi: non si è andati oltre a un compromesso limitato ai soli contratti IGA di gas.

Per quanto riguarda i trasporti, si è deciso di affidare un mandato alla Commissione per negoziare accordi in tema di aviazione civile con Qatar, Turchia, Emirati arabi e paesi dell’ASEAN. Le parole del ministro Delrio a margine del Consiglio sembrano aprire alla possibilità per l’Etihad di acquisire la maggioranza in Alitalia, dal momento che una possibile liberalizzazione del settore dovrebbe portare all’abolizione dell’attuale limite di controllo del 49% di una compagnia europea da parte di una non europea.

Migranti

Martedì a Strasburgo la Commissione ha presentato alcune proposte pratiche per rinforzare e aggiornare l’Agenda europea per la migrazione lanciata un anno fa. Il team di Juncker prova quindi a fare sul serio per cercare di arginare tale fenomeno epocale, sebbene il tentativo non pare riuscirgli benissimo. Il piano Timmermans-Mogherini vuole regolare quella che è stata definita la “dimensione esterna” delle migrazioni e consiste essenzialmente nell’estensione su larga scala dell’accordo con la Turchia del 18 marzo, finanziato con la logica del “miracoloso” moltiplicatore degli investimenti attesi previsto dal Piano Juncker.

Il tutto si traduce in un aumento di 1 miliardo del Fondo per l’Africa istituito dal vertice di Valletta (ma i 500 milioni chiesti agli Stati membri dovranno ancora essere approvati) e in un riciclo di precedenti finanziamenti di aiuto come i Fondi già stanziati per Libano, Giordania e Tunisia, creando un nuovo strumento finanziario di aiuto allo sviluppo di circa 8 miliardi. Questo nuovo fondo potrà generare con l’effetto leva un investimento totale atteso di 31 miliardi o 62 miliardi, “se gli Stati faranno la loro parte” hanno ripetuto senza meglio specificare dalla Commissione. I due vice presidenti non hanno ugualmente saputo precisare i termini di moltiplicazione, facendo un riferimento generico all’esperienza del Fondo EFSI. Ma dubbi su un funzionamento similare permangono soprattutto in relazione alla difficoltà di trovare in Africa investimenti a tripla AAA richiesti per la garanzia della BEI. Critiche anche sull’individuazione degli stati chiave per la gestione dei flussi, che vedono affiancati paesi storicamente collaborativi come Giordania e Libano a paesi più “problematici” come Etiopia e Niger. Senza considerare che mancano al lotto due paesi di transito per eccellenza come Libia e Tunisia, con i quali i partenariati sono ancora in fase di discussione.

Nella nuova strategia olistica della Commissione rientra anche la questione dell’immigrazione legale. Il Commissario Avramopoulos ha infatti presentato una proposta di revisione dell’attuale sistema europeo della carta blu concessa a lavoratori altamente qualificati e studenti d’eccellenza provenienti da paesi terzi. L’ambizione, forse eccessiva, è quella di poter competere in attrattività con la più quotata green card americana. Bene concedere una maggiore flessibilità nelle condizioni di ammissione, ma per essere competitivi con gli Stati Uniti sarebbero forse più congeniali riforme strutturali che riguardino l’ambiente economico europeo.

– Newsletter Transatlantico N. 41-2016

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